Israele e Palestina - 1001 ragioni per stare al di fuori di un conflitto - parte seconda (2/3)

Di Silvia Licata

Parte prima: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=49314

La parte terza sarà pubblicata in data di domani 28 Ottobre ore 9:00

 

Nel tempo, si sono affacciate nuove ipotesi significative sulla vera origine degli Ashkenazim.

In base a teorie più recenti, l’elemento slavo è stato spiegato con la presenza dei Kazari, una popolazione nomade, come quella ebraica, abitante le steppe dell’Asia centrale, affine ai Mongoli come tipologia di organizzazione: infatti la loro nazione era un Khanato, ma etnicamente uralo-altaica, simile ai Turchi e ai Magiari.

Praticavano il tengrismo, ovvero un culto animista legato alla natura, che però abbandonarono in base al disegno politico del Khan, il quale, era sempre più oppresso dai Mongoli, dai Vichinghi e dagli Arabi.

Secondo la tradizione del Khanato tengrista, il Khan non solo rappresentava il suo popolo, ma era anche la sua guida fisica e spirituale, se mai egli avesse fallito in questo compito, avrebbe dovuto essere ucciso.

Il Khan dell’epoca, Bulan, spaventato da tale ipotesi, decise di optare per un’altra religione: la scelta dell’ebraismo fu quindi tutt’altro che spirituale, ma certamente gli salvò la vita, nel momento in cui le varie popolazioni che stavano accerchiando il Khanato si facevano sempre più incalzanti.

Il Khan non avrebbe potuto scegliere un’altra religione poiché doveva differenziarsi da esse. Gli Arabi infatti erano musulmani, i Mongoli inizialmente erano tengristi - poi divennero musulmani - i Vichinghi erano pagani e il resto dell’Occidente era cristiano.

Ciò che restava era l’ebraismo e fu in questo modo e per queste ragioni che il Khan nel 740 d.C. vi si convertì e così fece gran parte della popolazione.

Spostandosi progressivamente dalle steppe asiatiche verso l’Europa, sarebbero poi arrivati a stanziarsi in Russia, Ucraina, paesi Baltici, Ungheria, Romania, Polonia, Austria, Germania, creando così il gruppo Ashkenazim.

La teoria tradizionalista, per spiegare gli influssi esteuropei, sostiene che gli Ebrei, direttamente arrivati dal Medioriente, si sarebbero stanziati prima in Italia e, successivamente, in Germania, da cui poi sarebbero migrati verso l’Europa dell’est.

Tuttavia, le indagini linguistiche e genetiche dicono il contrario, anche perché fino al X sec. non erano presenti Ebrei in territorio tedesco.

Quindi, gli Ebrei in Germania non sarebbero giunti in seguito alla diaspora e non ci sarebbero arrivati dal Medioriente.

La lingua parlata dagli Ashkenazim, a parte l’ebraico, è lo yiddish, termine che significa “giudeo”: si tratta di una lingua germanica, molto simile al tedesco, la quale, però, utilizza l’alfabeto ebraico.

Tale lingua non è utilizzata dagli altri ebrei.

Benché tale idioma sia stato suddiviso in una versione occidentale, prettamente germanofona, e in una versione orientale contenente prestiti lessicali di alcune lingue dell’est europeo, tuttavia, se si tiene in considerazione che esso fosse la lingua parlata dagli Ebrei stanziatisi sul Reno, in entrambe le versioni, non possiede elementi tipici del basso tedesco, che è la tipologia di lingua tedesca in area renana.

Al contrario, è molto prossima all’alto tedesco, che è tipico del tedesco sud-orientale, quindi più vicino all’Europa dell’est. 

Ma, a parte questo, ciò significa che lo yiddish non nacque realmente nel bacino del Reno e non fu dovuto al risultato della migrazione degli Ebrei direttamente dal Medioriente.

Inoltre, questa lingua è attestata solo a partire dal 1100 attraverso dei testi religiosi e racconti scritti in forma anonima, pertanto non può essere la lingua di una popolazione pre-esistente a quel periodo in Germania.

Questo riconduce, dunque, alla teoria dei Kazari, quali Ashkenazim.

La traduzione del nome “Ashkenazim” come “tedesco del Reno” non è quindi corretta; nello specifico tale nome si riferisce all’area compresa tra la Turchia e l’Armenia, poiché l’antica Ashkenaz, secondo la Bibbia, era una regione situata a nord della Siria, coincidente, quindi proprio con quei due Paesi.

Inoltre, sembra che la parola “Ashkenaz” indicasse gli antichi Ascani, ovvero gli abitanti della Turchia. A ulteriore conferma di ciò, solo e soltanto in epoca medievale, il termine “Ashkenazim” venne utilizzato per indicare gli ebrei tedeschi, per cui viene tradotto come “tedeschi della valle del Reno”.

Inoltre, la stessa Bibbia offre delle indicazioni molto precise in merito. Il libro 10 della Genesi contiene un testo, la “Tavola delle Nazioni”, in cui viene specificato che Noè ebbe tre figli, ovvero Cam, Sem e Jafet, e ognuno di loro a loro volta altri figli. Da Sem sarebbero nati i Semiti (Ebrei, Arabi, Fenici, Assiri, Aramei), avendo generato i figli Elam, Ashur, Arpacsad, Lud, Aram, da Cam i Camiti (popolazioni dell’Africa), avendo generato i figli Cush, Mizrahim (da cui deriva un altro gruppo di ebrei), Phut e Canaan (da cui il nome della Cananea) e da Jafet nacquero Gomer, Magog, Madai e Javan. Gomer ebbe a sua volta i figli Ashkenaz, Rifat e Togarma. Essi si spostarono nel nord corrispondente alla Turchia e all’Armenia.

Il nome “Ashkenaz” indicò inizialmente il nord, inteso come “nord della Siria”. Il suo significato venne poi traslato, per indicare il nord dell’Europa, quindi, la valle del Reno, in Germania e ciò avvenne solo in epoca medievale.

La conclusione è, pertanto, che il termine “Ashkenazim” non significa realmente “tedesco del Reno”, bensì “settentrionale” nel senso di turco-armeno.

Dal punto di vista genetico, sono stati condotti vari studi; in particolare, uno studio sugli aplotipi, cioè sulla combinazione di alleli a livello cromosomico, ha individuato solo e soltanto negli Ashkenazim un aplogruppo, ovvero un insieme di aplotipi, molto particolare che si chiama R1bL21.

È antichissimo e molto difficile da trovare e si distingue perché occupa un posto finale all’interno del cromosoma Y: è tipico dei Goti di Crimea, una popolazione germanica oggi estinta che arrivava dalla Scandinavia e si stabilì in Crimea.

L’aplogruppo R1a, anch’esso frequente tra gli Ashkenazim, è stato rintracciato nei resti di due Kazari nel Donbass ed è tipico dell’Europa dell’est, della Scandinavia, ma non sicuramente del Medioriente. 

Infine, l’aplogruppo G, è stato individuato negli Ashkenazim abitanti in Europa, ed è rintracciabile a nord della Mezzaluna Fertile, ovvero proprio quel “nord” che veniva chiamato anticamente “Ashkenaz”, e che quindi corrisponde al Caucaso, all’Armenia, alla Turchia, all’Ungheria, al Kazakistan, ma non certamente alla Terra Santa. Infatti, l’unico aplogruppo semita, dunque ebreo, è J, chiamato anche “Abramo”, che però non è mai stato trovato in nessun “ebreo” Ashkenazim.

Ciò che se ne deduce è che gli Ashkenazim non sono mediorientali, non sono semiti e, di conseguenza, non sono ebrei, ma convertiti all’ebraismo e nati dall’incontro di varie popolazioni comprese tra la Turchia, l’Armenia, il Kazakistan, l’Ungheria, l’Ucraina, la Russia meridionale, zona di transito dei Kazari.

Ma se gli Ashkenazim non sono semiti, in che modo è possibile parlare in merito a questo gruppo di antisemitismo?

Secondo l’autore ungherese Ashkenazim Arthur Koestler non sarebbe possibile, in tal caso, neanche parlare di “antiebraismo”, poiché un Ashkenazim, dal punto di vista genetico, non è neanche ebreo. Qualora professasse l’ebraismo, sarebbe di religione ebraica, certamente, ma non ebreo.

Eppure, è ciò che, nonostante gli studi linguistici, storici e genetici è sempre stato affermato nonostante le perplessità di vari studiosi, togliendo, a mio avviso, agli altri ebrei - Sefardim, Kaifeng, Malabar, Falascià, Italkim, Mizrahì, Teimanì, ebrei berberi, Bukhara - il vero diritto di esserlo.

Sapevate che, se effettuate una ricerca su Internet in merito a “ebrei presenti negli Stati Uniti”, il web vi rimanda alla voce “Ashkenazim presenti negli Stati Uniti”? Non credo che la risposta del perché sia solo da ricercarsi nel fatto che gli Ashkenazim siano il 90% della popolazione di religione ebraica presente nel Paese.

La vera motivazione consiste nel fatto che lobby, banche, fondi di investimento, case farmaceutiche, gruppi sociali di comando, indipendentemente da chi salga al governo, sono di origine Ashkenazim.

Gli altri ebrei, cioè quelli veramente ebrei geneticamente, non solo sono in minoranza, ma sono totalmente al di fuori da questa rete di controllo e non vengono mai menzionati e sono usurpati nel loro diritto di essere ebrei.

Lo stesso Arthur Koestler, definì gli Ashkenazim “finti ebrei”, definendo quindi anche se stesso un “finto ebreo”, proprio perché come già spiegato, sono il risultato di una conversione religiosa avvenuta per fini politici da parte di una popolazione, o meglio un gruppo di popolazioni, che non era in realtà affatto ebrea neanche sotto il profilo genetico.

Secondo lui, gli Askenazim sono la “tredicesima tribù”, poiché quelle veramente ebraiche sono solo dodici.

Peraltro, gli Stati Uniti sono il Paese con più Ashkenazim al mondo: circa 10 milioni di residenti lo sono, superando persino Israele che ne ha circa 7.

Il vero centro di comando Ashkenazim è quindi rintracciabile negli Stati Uniti, non in Israele, per quanto esso possa giocare un ruolo importante, ma non centrale o, per meglio dire, strumentale.

Per capirlo meglio, è necessario osservare cosa è successo nella storia della formazione dello Stato di Israele, che non ha nulla a che fare con l’antico Regno di Israele.

 

Silvia Licata (1974), laureata in lingue e letterature straniere con indirizzo filologico, vanta un curriculum di tutto rispetto non solo per l’ampiezza delle materie approfondite, ma soprattutto per la “policromia” degli interessi. Oltre a un italiano preciso e accurato parla correntemente inglese, francese, spagnolo, tedesco e russo. L’articolo scritto per Civico20news ne è prova lampante.

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Articolo pubblicato il 27/10/2023