Accadde oggi: 115 anni fa, il 27 dicembre 1908 usciva in edicola il Corriere dei Piccoli, il primo fumetto italiano

Personaggi, ricordi, morale e insegnamenti di un giornalino che ha segnato la strada e la storia

Il N. 1 del leggendario giornalino dedicato ai ragazzi, faceva la sua comparsa in edicola nell’ultima domenica del 1908: il 27 dicembre di 115 anni fa. Usciva come allegato di ben 16 pagine al Corriere della Sera, realizzato grazie a uno sforzo industriale e progettuale di grande portata, voluto da Luigi Albertini, a quel tempo direttore del quotidiano.

Il primo numero del Corriere dei Piccoli costava 10 centesimi di lira e fu tirato in 80mila copie, caratterizzato dalla testata disegnata da Antonio Rubino. Un giornaletto che narrava le avventure di storici personaggi, alcuni dei quali hanno attraversato il tempo, catturando la fantasia di più generazioni.

Il più famoso è di certo il signor Bonaventura, che ci ha insegnato a leggere in assonanza poiché le sue vicende sono sempre state in rima (qui comincia l’avventura del signor Bonaventura).

Peripezie vissute accanto alla moglie (la bellissima principessa con la quale si sposa nelle prime tavole del 1917), a un cane bassotto senza nome, (dunque, il "bassotto"), al bellissimo Cecè (un nobile damerino), al commissario Sperassai, al perfido Barbariccia.  

Tra i tanti rivali del signor Bonaventura, il più acerrimo è proprio Barbariccia, azzeccato personaggio sia per la sua figura grafica, sia per lo sviluppo delle sue maligne congiure, ogni volta destinate a grotteschi fallimenti.

Le storie seguivano una trama collaudata, ma sempre d’effetto. La sventura di ogni nemico si trasformava in una fortuna altrui e culminava fatalmente nella ricca vincita di "un milione" di lire (una cifra iperbolica nell’anteguerra, diventata "un miliardo" negli anni cinquanta, seguendo il corso dell’inflazione).

Altri personaggi storici, ideati da Rudolph Dirks nel 1897 (i Katzenjammer Kids, ovvero Hans e Fritz), che in italiano diventano Bibì e Bibò, due monelli figli di Katzenjammer (Il Capitan Cocoricò), burlesco capitano di marina, ma senza una nave.

Un altro bel soggetto è Sor Pampurio, pittoresca macchietta ideata da Carlo Bisi, che faceva il suo esordio sul n. 17 del Corriere dei Piccoli dell'aprile 1929. Malgrado il suo aspetto da clown, Sor Pampurio era la metafora di un classico cittadino borghese alle prese con i problemi quotidiani e con i grattacapi di famiglia, creati dalla moglie Pampuria e dal suo fanciullo, calvo, con un ridicolo ricciolino al centro della testa, e poi, anche dalla casalinga, a cui si rivolgeva con sufficienza, chiamandola “servetta” e sulla quale scaricava il nervosismo dei suoi malumori (oggi improponibile seppur a fumetti).

Anche queste storie venivano commentate da una striscia dove il racconto si svolgeva in rima baciata: “Sor Pampurio arcicontento del suo nuovo appartamento…”

Poi c’era Marmittone, “caricatura” dei valori fascisti, marziale e goffamente mascolino che risultava il cliché del soldato plasmato da ogni dittatura, intelligente autoanalisi di un ventennio caratterizzato da queste figure dominanti.

Progressivamente, soprattutto intorno agli anni 70, la testata, pur conservando alcuni personaggi storici, ha dovuto adeguarsi alla concorrenza di nuovi fumetti, quali Il Monello, Tex, Zagor e altri, arricchendosi con protagonisti del calibro di Corto Maltese, Michel Vaillat, Dan Cooper, Lucky Luke…. Ancor prima, anche Topo Gigio, leggendario pupazzetto della tv, creato nel 1959 da Maria Perego e Federico Caldura, comparve sul Corriere dei Piccoli dal 1961 al 1963, e anche su una serie di fotoromanzi. Memorabile il suo: “ma cosa mi dici mai!”

Cocco Bill, il leggendario pistolero di Jacovitti, apparso su il Giorno dei Ragazzi nel 1957, si è trasferito sul Corriere dei Piccoli nel 68, per poi apparire  più volte su altre testate. Un indimenticabile esempio di grafica, di espressione e di ironia stipati in strisce affollate di banane, salami e altre grottesche forme di vita.

Un’ispirazione grafica per il sottoscritto, che ai tempi del liceo tappezzavo il mio diario, e anche quello dei compagni che facevano la fila, con strisce immaginarie, cercando di copiare Jacovitti, affinando l’arte del disegno, che poi sarà un mio mestiere.

Altri avventurieri giunti ad arricchire il mondo dei fumetti col transito del tempo, li ho seguiti su album cartonati dedicati solo a loro, arricchendo la mia grafica e la cultura, mentre il "corrierino" avevo smesso di leggerlo da tanto.

Scrivendone, il ricordo del Corriere dei Piccoli cammina a ritroso e mi restituisce il volto di mia madre Rosa, maestra di mestiere che, mentre si percorreva corso Duca degli Abruzzi Per raggiungere corso Giulio Cesare, attraversando Torino seduti sul tram della linea 10, lei mi leggeva in rima le storie del Signor Bonaventura o mi raccontava l’avventura di Bibì, Bibò e capitan Cocoricò, che seguivo con gli occhi grossi. E mentre il tram proseguiva verso il centro, e poi la periferica barriera di Milano, ricordo che guardavo quelle case ferite dalle schegge.

La guerra era finita da una manciata d’anni e i segni delle bombe erano ancora impressi su alcune facciate. La guerra, un orrore che la vita mi ha risparmiato e che non riuscivo a immaginare, io bimbo con i calzoncini corti e la fantasia rapita dalla morale di piccole avventure a sfondo civico, concime per la mente dell’età, avida di allegria e di vitalità.

Il Corriere dei Piccoli ha cessato di uscire nel 1995. Di cosa si nutrono gli informatici rampolli adesso?

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Articolo pubblicato il 27/12/2023