I colori della parola

Social media, e-mail, Facebook, Twitter, SMS sono sì strumenti di comunicazione quotidiana efficienti che fanno però diminuire la frequenza dell’interazione personale tra gli individui

Da sempre gli esseri umani riflettono sul linguaggio e sull’uso della parola. Nel 600 a.C. Lao-Tse scriveva: Il saggio usa le parole con parsimonia, poiché chi parla molto è ignorante. Seicento anni dopo, nella lettera agli Ebrei (4,12), Paolo parla della parola con la stessa enfasi: Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.

Le parole possono esercitare una forte influenza sia su di noi come singoli individui, che sulle relazioni tra i popoli e le nazioni. Le parole mostrano le persone per quello che sono: non importa che lingua parliamo, le parole che usiamo rivelano le nostre intenzioni. Ciò che sogniamo e sentiamo, ciò che siamo veramente traspare dalle nostre parole. La parola non è solo suono o simbolo scritto. La parola è anche un potere che ci permette di comunicare, di pensare e di far vivere gli avvenimenti. Forse è il mezzo più potente a nostra disposizione. È uno strumento magico.

La parola libera  La nostra vita sarebbe molto più povera se non potessimo usare liberamente le parole. Nel suo libro, 1984, George Orwell ci mostra come l’abuso del linguaggio possa essere lacerante e inumano. Egli ci descrive infatti una società oppressa in cui l’autorità esercita un potere assoluto.

Il mezzo per ottenere questo potere è proprio la manipolazione della lingua: attraverso un linguaggio totalmente riformato, chiamato Neolingua, vengono distrutte l’educazione e la cultura del tempo.

La vecchia lingua, denominata Archelingua, è abolita, eliminando così tutte le parole che permettono agli esseri umani di esprimersi con sottili sfumature. In questo modo il vocabolario è ridotto al minimo e le parole che evocano un significato negativo, come campo per lavori forzati, sono sostituite con espressioni più blande quali svagocampo.

Le acquisizioni culturali e religiose di una società sono sempre espresse in ampie e dettagliate sfumature della lingua, ma non nella Neolingua, in cui tutto risuona freddo e desolato, in cui ad esempio il termine luce è sostituito da sbuio (mancanza di buio).

Nella Neolingua i vocaboli che favoriscono la riflessione, come dignità, giustizia, morale, democrazia, scienza, servizio a Dio sono totalmente eliminati.

Ogni stimolo a pensare è cancellato. Allora i popoli diventano strumenti sottomessi nelle mani delle autorità. Senza una lingua che permetta di esprimere pensieri intimi e personali, non si può nemmeno pensare a Dio, al paradiso, all’aldilà, poiché queste parole non esistono.

Certo, il racconto di Orwell è solo letteratura ma proviamo a considerare l’impoverimento attuale dei nostri linguaggi moderni. Se confrontiamo il vocabolario attivo usato oggigiorno, con quello di parecchie decine di anni fa, dobbiamo constatare che si è molto ridotto. Social media, e-mail, Facebook, Twitter, SMS sono sì strumenti di comunicazione quotidiana efficienti, ma adoperano anche una lingua molto semplificata, e mentre avanzano questi nuovi mezzi comunicativi, diminuisce la frequenza dell’interazione personale tra gli individui.

La grigia e monotona lingua di 1984 ci fa riflettere su quanto colore si possa aggiungere alla vita, grazie al dono della parola.

L’essere umano è incline a stancarsi dell’abbondanza di ogni cosa. Delle ricerche sull’uso del linguaggio hanno dimostrato che una donna usa in media 30.000 parole al giorno, mentre un uomo circa 25.000! Questi numeri sorprendenti suscitano una domanda, se cioè tutto ciò che viene detto quotidianamente sia davvero necessario, se non siamo stanchi di tutto questo parlare e non vorremmo invece meno parole, ma più significative.

Nel Libro di Mirdad, Mikhail Naimy ci consiglia: Astenetevi dal parlar molto. Fra le mille parole proferite, forse ce n’è una e una sola che ha invero bisogno d’esser pronunciata. Le altre annebbiano la mente, imbottiscono l’orecchio, molestano la lingua, oltre ad accecare il cuore. Com’è difficile dire la parola che deve davvero esser detta!

Fra le mille parole scritte, forse ce n’è una e una sola che ha invero bisogno d’esser scritta. Le rimanenti son solo inchiostro e carta sprecati, e minuti dotati di piedi di piombo invece che di ali di luce. Com’è difficile, oh, com’è difficile scrivere la parola che deve davvero essere scritta!

Dopo aver posto la domanda se tutte le parole dette o scritte siano davvero necessarie, vorremmo focalizzare un altro punto importante: le parole sono anche degli strumenti pericolosi, possono causare molto dolore, possono generare il male, possono innescare le guerre! La Bibbia ci mette in guardia dall’usare con leggerezza delle parole che potrebbero produrre effetti negativi.

Se proviamo a fare silenzio dentro di noi, scopriremo pian piano che si apre un accesso verso il nostro essere interiore.

La vita di tutti i giorni perde la sua presa e qualcosa di nuovo affiora, una parola nuova, qualcosa proveniente dal nostro nucleo più profondo. Questa riflessione ci porta al potente inizio del Vangelo di Giovanni (1,1-4): In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio; tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini.

Giovanni ci presenta la parola nella sua essenza fondamentale, il pensiero creativo divino, la base di tutte le cose. La parola manifesta il pensiero divino riguardo alla creazione dell’umanità. L’uomo originale sublime si è sviluppato da questo pensiero divino, così come è espresso nella Genesi (1, 27): E Dio creò l’uomo a sua immagine...

E ora torniamo a un passo tratto dalla lettera di Paolo agli Ebrei (4, 12): Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio, essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.

Il senso di questo passaggio è che la parola è più potente della spada, perché porta la vita, mentre la spada porta la morte. Il potere magico della parola si evidenzia anche nel Salmo (33, 9): ...perché egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste.

Da questi brani si capisce bene che la parola è la forza creatrice più potente dopo Dio stesso.

Noi esseri umani del XXI secolo sembriamo molto diversi. L’immagine dell’uomo originale, la verità dentro di noi, sembrano spente. Tuttavia... questa parola, il piano originale del vero essere umano divino è ancora in noi!

La parola che chiama  La parola può davvero parlare ancora dentro di noi! Affinché l’essere divino possa risorgere, la forza della parola interiore ci giunge come un richiamo. Il suo potere radiante ci risveglia e ci stimola a cercare, a fare silenzio, ad ascoltare. Così, il cercatore può vedere e percepire la verità in lui e attorno a lui. Lo spazio vuoto che si crea in virtù di una riflessione tranquilla e silenziosa è quello spazio dove può affiorare l’Altro, dove può nascere la parola dell’origine: la vera parola.

Torniamo all’insegnamento di Lao-Tse: Il saggio usa le parole con parsimonia, poiché chi parla molto è ignorante.

La parola creatrice non è una formula magica. La si può usare solo se c’è stata la giusta preparazione interiore. A questo proposito il Vangelo Acquariano di Gesù il Cristo ci racconta che i discepoli, avendo cercato di guarire un bambino malato, senza però riuscirvi, chiesero a Gesù il motivo del loro fallimento. Gesù allora rispose (130,18): Senza lo spirito, il Verbo è come un’inutile chiacchiera; e voi dimenticaste di pregare.

Se la parola è priva del potere spirituale, la sua applicazione non può dare frutti.

La lingua è una spada a doppio taglio,

con un filo guarisce e con l’altro recide.

A volte è un tratto che unisce,

a volte è un tratto che separa,

oppure un misto di miele e assenzio.

Le mie parole spargono fiori ai piedi dell’amato,

oppure seminano odio come un fuoco distruttore.

Con le parole canto,

con le parole mi lamento delle mie sofferenze.

Con le parole prego, e con le parole cerco la lite.

Con le parole ti apro il mio cuore, Signore,

e con le parole mi allontano da te.

Con le parole testimonio in tuo favore e contro di te.

Se fossi capace di fare un silenzio assoluto,

probabilmente lo preferirei alle parole!

O è forse la tua volontà, mio Dio,

che io viva lacerato in un senso e nell’altro,

tra la parola che non spegne la mia sete,

e un silenzio che mi è impossibile raggiungere?

Mikhail Naimy, Conversazione con l'Altro, (Haarlem 2003)

Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo.

Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose.

Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna.

(Lettera di Giacomo 3, 2-6)

A chi intende il senso della parola, una poesia di Rudolf Steiner

A chi intende il senso della parola,

il mondo svela la sua immagine.

A chi ascolta l’anima della parola,

il mondo rivela la sua vera essenza.

A chi vive nello spirito della parola,

il mondo regala forza e saggezza.

A chi ama la parola,

essa accorderà la sua forza interiore.

Per questo volgerò il cuore e la mente

verso l’anima e lo spirito della parola.

E nel suo amore

mi completerò.


Fonte: Pentagramma – Edizioni Lectorium Rosicrucianum

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Articolo pubblicato il 20/08/2015