Tre passi nel 2015

Seconda parte: 2015 LOW BUDGET - Piccole produzioni indipendenti o altre pellicole semplicemente passate più in secondo piano

Riprendiamo dove avevamo lasciato la settimana scorsa, questa volta occupandoci di film indipendenti o altre produzioni passate più in sordina rispetto ai prodotti delle major ultra-pubblicizzati.

Il primo film che consiglio è la solita commedia del buon Will Ferrell, "Duri si diventa", dove il comico interpreta il ruolo di un finanziere di successo (non a caso si chiama James "King", il "Re") che causa intrallazzi illegali è condannato a dieci anni di carcere.


Abituato ad una vita agiata nel lusso assieme alla bellissima moglie (una avida ed egoista quanto bella e simpatica Alison Brie), Ferrell è del tutto impreparato alla condanna e chiede consiglio al lavamacchine Kevin Hart perchè lo "addestri" a sopravvivere alla dura vita carceraria.

Il film è basato tutto sui duetti e la simpatia tra Ferrell e Hart, egocentrico idiota ricco il primo quanto squinternato "finto duro" del ghetto il secondo, in una sorta di "simulatore" di vita carceraria con tanto di servitù del finanziere che non vede l'ora di rifarsi sul medesimo facendo le parti dei suoi duri carcerieri durante il suo allenamento di sopravvivenza per il suo futuro dietro le sbarre.

Più che valido anche il lavoro del regista, Etan Cohen (da non confondere con Ethan Cohen, uno dei due geniali registi/sceneggiatori di "Non è un paese per vecchi") già scrittore di alcune azzeccate storie per il cinema come "Idiocracy", "Men in black 3" oppure "Tropic Thunder", il quale con i soliti sketch di Ferrell e alcune scene goliardiche, ma senza mai scadere troppo oltre nell'eccesso della volgarità, rende con simpatia onore alla storia senza parteggiare troppo ne per i ricchi nababbi che vivono a Bel Air nè per i gangster del ghetto a cui Ferrell si unirà per essere protetto dalla banda.

Tutto un altro tipo di film che consiglio invece è "Experimenter", biopic diretto da Michael Almereyda sugli esperimenti "socio-comportamentali" del famoso Stanley Milgram, interpretato più che degnamente dal molto bravo Peter Sarsgaard, affiancato dalla solita affidabilissima Winona Ryder nel ruolo della consorte/complice del geniale psico-sociologo.


Milgram mette a punto una serie di bizzarri ma molto intriganti esperimenti, nel più importante dei quali, durante un "finto" colloquio di lavoro, alcuni soggetti sono incitati a somministrare scosse elettriche ad una "finta" vittima che scalcia e urla perchè lo si smetta di torturare.

Gli eloquenti risultati dell'esperimento, ovvero che la stragrande maggioranza dei soggetti continua imperterrita la tortura se ha la garanzia di un "autorità superiore" da cui riceve ordini e si prende la responsabilità della sorte del torturato, sconvolgono profondamente le coscienze dei suoi colleghi e molti di essi cominciano anche a vilipenderlo ed attaccarlo, convinti saldamente di una "bontà di base" insita nella psiche umana, negando l'evidenza dei risultati degli esperimenti di Pilgram.

Un film interessante, diretto in modo semplice e ben recitato da una manciata di attori tutti in parte, che ci parla di un argomento molto poco trattato al cinema e di cui forse non vorremmo mai sentir parlare troppo, il nostro lato oscuro, obliterando alle volte il nostro giudizio e la nostra coscienza per il nostro bisogno di assimilarci alla massa e sentirci parte di un gruppo.

Problemi che assillano anche il protagonista del prossimo film che andiamo a trattare, uno dei migliori di questo 2015, ovvero "Il ribelle - Starred up".

Il film ci narra le vicende di un giovane, disagiato e violentissimo criminale intepretato da Jack O'Connell, uno dei protagonisti del dimenticabile "300 - L'alba di un impero", seguito del già di suo dimenticabile "300", qui invece perfettamente in parte nel ruolo del manesco e asociale ragazzotto che finisce in un carcere per adulti dove per sua fortuna/sfortuna è rinchiuso da anni anche il suo stesso padre.


Basato sulle reali esperienze di un terapista con alcuni dei detenuti più violenti del carcere di Wandsworth, in Inghilterra, il film tratta senza troppi mezzi termini sia i detenuti che le guardie che il direttore stesso del carcere, messi più o meno tutti sullo stesso livello e senza farci provare eccessiva simpatia o antipatia per nessuno.

Oltre all'ottima prova di O'Connell va menzionato anche Ben Mendelsohn, nel ruolo del padre del giovane, che in crescendo di rabbia/affetto e amore/odio verso il ragazzo, sarà costretto a rivedere il suo modo di vedere le cose e il suo stile di vita all'interno della prigione.

Un film non per tutti forse, ma a quelli che hanno la pazienza e l'intelligenza di capirlo lascerà sicuramente qualcosa dentro una volta terminata la visione.

Sballottandovi ancora in tutto un altro paio di generi di film, voglio parlarvi di due pellicole che ho conosciuto soprattutto tramite il "tam-tam" del passaparola sui forum, dei vari youtubers e nei siti di cinema più frequentati del web.

Il primo è "The Babadook", un geniale e raccapricciante horror "psicologico" (ma non solo) tutto incentrato sul complicatissimo rapporto madre/figlio costretti a vivere da soli in una misera casetta, dopo la morte del marito avvenuta anni prima in un incidente d'auto.

Come tutte le brave mamme, la protagonista (interpretata da una grandiosa Essie Davis) legge una favola della buonanotte al figlioletto (un altrettanto bravo Noah Wieseman), da un libro appena trovato sui suoi scaffali intitolato appunto "Mister Babadook", rendendosi in breve conto che in realtà il libro contiene una inquietante serie di minacce alla vita della madre e del suo problematico bambino.


Giocando sempre sul filo della follia e della realtà, la bravissima regista Jennifer Kent (qui al suo vero esordio cinematografico dopo alcuni film per la tv) ci tiene in sospeso e in bilico riguardo la sanità mentale della madre e il suo ragazzo, facendoci domandare in continuazione se questo benedetto mostro esiste davvero o sia solo un parto della follia dei due sempre più acuita dalla loro vita isolata e monotona.

Un bel film che finalmente ci racconta una storia su l'orrore vero, la paura di un figlio verso sua madre (e viceversa), il tutto contorniato con la presenza/non presenza impalpabile di questo riuscitissimo mostro e dello stesso libro che ne racconta la storia, innocentemente inquietante come un bambino psicopatico che brandisce un coltello da macellaio.

Altro film che ho conosciuto "surfando" tra le varie opinioni e consigli del web è invece "John Wick", godibilissimo action-revenge movie dove un incazzatissimo Keanu Reeves, ex sicario numero uno della malavita russa, vendica la morte del suo cane (ultimo regalo della moglie morente) sgominando tutta la cricca della sua ex-banda criminale per arrivare al figlio del boss, colpevole del delitto e inconsapevole dell'identità omicida del nostro vendicatore.

Il film ha il merito, innanzitutto, di avere una serie di scene action ben girate e dirette dai 2 registi David Leitch e Chad Stahelski, esordienti alla regia e prima (guarda caso) ex coordinatori degli stuntman per film come i vari "Matrix" o la saga di "The Bourne Identity".

Inoltre riesce, pur con le dovute misure, a creare un mondo criminale con personaggi dal contorno "fumettistico" ma abbastanza godibile nel suo insieme, con alberghi e discoteche e medici privati riservati all'elitè dei killer e i mercenari di tutta la città, una elitè che ha la sua moneta di scambio (alcuni particolari gettoni d'oro) e le sue regole dalle quali non è meglio sgarrare, come scoprirà a sue spese una lady-killer traditrice che commetterà uno sgarbo al nostro caro John Wick.

Un riuscito mix che ha spopolato tra gli amanti degli action movie e dei fumetti sul web e che speriamo non si rovini (come accade sovente) col seguito previsto per quest'anno.

Molto simile, però in chiave femminile, è invece l'altrettanto riuscito "Momentum", ben diretto con la giusta dose di suspance, violenza e umorismo dall'esordiente Stephen S. Campanelli e interpretato dalla bellissima e atletica Olga Kurylenko.

Dopo un colpo in banca riuscito ma andato a male allo stesso tempo, la sexy e addestratissima rapinatrice si trova alle costole una serie di agenti del governo impegnati a recuperare la refurtiva, di primario interesse per uno spietato senatore interpretato (col contagocce, in termini di minuti nel film) dal solito ottimo Morgan Freeman.


Molto buone le varie scene d'azione e la diversificazione tra i vari personaggi, in primis la banda di rapinatori (e famiglia) e poi anche i vari "G-man" incaricati di dare la caccia alla protagonista, capitanati da un elegante e spietato James Purefoy, tanto educato quanto compito e serafico nel compiere il suo cruento lavoro di caposquadra dei sicari che fanno la parte dei cattivi in questo film.

Forse non all'altezza come spettacolarità e trama del precedente "John Wick" (molto più semplice e godibile) ma comunque un bel film per una serata all'insegna di sparatorie, inseguimenti e mazzate tutte in salsa rosa messe ancora più in risalto dal fascino esotico della bella protagonista.

Rimanendo sempre in tema action, ma con un film decisamente più divertente e demenziale, non posso poi non citare lo spassoso "BadAsses - Giustizieri da strapazzo in Luisiana", interpretato dal simpatico e ormai attempatissimo Danny Glover (l'ex compagno di Mel Gibson in "Arma Letale") e l'ormai famosissimo Danny Trejo, reso un icona del trash movie dall'iconico e imperdibile "Machete" di Robert Rodriguez.


Sicuramente non all'altezza del film di Rodriguez, ma comunque più che godibile film con la solita strampalata coppia, qui in cerca di vendetta per le strade di Los Angeles contro una banda di malfattori responsabili dell'omicidio di uno studente/amico di Trejo e rea di trasformare i giovani virgulti amici dei protagonisti in spacciatori di droga al soldo dei cartelli sudamericani.

Tante botte e tante battute, alcune più riuscite e altre meno, per un'ora e mezza di azione "a cervello spento" con due vecchietti che si atteggiano con noncuranza ad action-heroes stile anni '80, riuscendo ancora più che dignitosamente a strapparci la giusta dose di sorrisi.

Un pò più serio, ma sempre leggero quanto basta, è invece il prossimo film della lista, "Ashby", dove il solito "macho" interpretato da Mickey Rourke è stavolta un agente della CIA in pensione che fa amicizia con un timido e giovane vicino di casa.


Teeneger movie "di formazione", potremmo dire, tutto sorretto sulle spalle muscolose di Rourke a cui si accompagna un buon Nat Wolff, che apprenderà le solite lezioni di vita dal sapiente agente speciale e al contempo costringerà quest'ultimo a scendere a patti con l'amoralità omicida del suo vecchio lavoro, rimediando a un vecchio torto che aveva causato col suo ultimo incarico.

Film che dosa saggiamente umorismo e ironia, forse non un capolavoro del genere ma sicuramente molto piacevole e "scorrevole" da guardare, all'insegna della malinconia e le vicissitudini adolescenziali del giovane Wolff.

Sempre Nat Wolff è poi il protagonista di un altro "teeneger movie" del 2015, "Città di carta", molto gradevole e non poi così scontato come sembrerebbe di primo acchito.

Da sempre attratto dalla sua amica/vicina di casa, una bella e ribelle ragazzina interpretata da Cara Delevingne, annoiata dalla routine e il pensiero limitato della cittadina dove vive e sempre in cerca di nuove avventure ed esperienze stimolanti da sperimentare.


Dopo una notte consumata a vendicarsi del suo ex traditore e i suoi amici/amiche, ovviamente con l'aiuto del vicino segretamente innamorato di lei, la ragazza scompare senza lasciare traccia.

I suoi genitori, abituati alle sue fughe, non ci fanno caso e trascurano la vicenda, mentre il giovane Wolff si convince che la ragazza abbia lasciato dietro di sè una serie di indizi utili a trovarla e intraprende coi suoi amici una indagine on-the road fino ad uno sperduto paesino inesistente (una "città di carta", appunto) lungo le strade più sperdute dello stato di New York.

Un film divertente con pochi personaggi e poche idee di narrazione, forse, ma decisamente ben mescolate assieme e rese sullo schermo in modo mai banale, dove non capiamo dove inizia la geniale mentalità della ragazza scomparsa o l'eccessiva inventiva che le attribuisce il suo spasimante innamorato, fino all'agrodolce finale che chiude una storia finalmente libero dall'obbligatorio e scontato happy-ending.

Ancora con meno personaggi è poi il film "Pressure", diretto con buon mestiere dal semi-sconosciuto Ron Scalpello, tutto ambientato in una campana sottomarina che rimane isolata sul fondo dell'oceano dopo che la sua "nave madre" è stata spazzata via da un terribile uragano.


Quattro personaggi rinchiusi sott'acqua per un'ora e mezza di sopravvivenza ad alta tensione, sacrifici e drammi personali su cui tra tutti spicca la prova dell'ottimo Danny Huston, più che altro caratterista in tanti altri film come "Wolverine" o "30 giorni di buio", ma qui perfettamente a suo agio nel ruolo di protagonista principale dei poveri superstiti scampati alla tragedia marina.

Ottima la regia per le non facili riprese subacquee e le ottime inquadrature nella claustrofobica ambientazione di quasi tutto il film, come detto la campana sottomarina che rimane tagliata fuori da qualsiasi collegamento con la superficie, incapace di muoversi e sempre più a corto d'aria e a rischio di congelamento con lo scorrere dei minuti.

Spostandoci invece sul tema poliziesco, altro ottimo film del 2015 è allora "Hyena", diretto con semplice freddezza da Gerard Johnson e interpretato in modo altrettanto glaciale da Peter Ferdinando, corrotto e sporco Tenente della polizia in combutta coi peggiori spacciatori e criminali della città di Londra.


Sotto controllo dalla disciplinare assieme alla sua squadra, il Tenente dovrà districarsi e fronteggiare al contempo una lotta all'ultimo sangue tra due bande di spietati albanesi e turchi, riuscendo inoltre a provare al suo ex-amico che lo fa entrare in una squadra speciale di essere ancora in grado di svolgere il suo lavoro in modo pulito ed efficiente.

Un noir poliziesco metropolitano senza personaggi positivi in toto, ognuno di essi è corrotto o corruttibile, la città stessa è vista come fredda e bagnata e sporca quanto l'animo dei suoi protagonisti, ubriachi e drogati e pronti a usare e gettare via per i loro fini le donne o i personaggi più deboli senza tanti scrupoli e rimorsi.

Altrettanto spietati e corrotti sono poi i personaggi del film "Broken Horses", ultimo film del regista indiano Vidhu Vinod Chopra, ambientato nelle lande desertiche della frontiera tra gli Stati Uniti e il Messico.

Due fratelli vengono cresciuti dal violento boss malavitoso del luogo, il solito ottimo Vincent "Palla di lardo" D'Onofrio, dopo l'omicidio del loro vero padre avvenuto quando erano ancora ragazzi, all'epoca sceriffo della Contea.

Uno dei due diventa il brutale braccio destro del boss, mentre l'altro, il più giovane e talentuoso asso del violino, vola a vivere negli Stati Uniti.


Alla vigilia del suo matrimonio però sarà costretto a fare ritorno alla sua città natale, nella speranza di convincere il fratello ad abbandonare la sua criminale vita di frontiera e la guerra del suo boss contro un rivale per il dominio dei traffici illegali in quella zona.

Un film che potrebbe essere uno dei tanti film di "ritorno alle origini" con tanto di vendette e contro-vendette nei giochi di potere dei criminali messicani, ma che invece riesce ad esaltare il rapporto e i diversissimi caratteri dei due fratelli protagonisti Anton Yelchin e Chris Marquette, in special modo quest'ultimo veramente impressionante nell'intepretare un personaggio sia timido e impacciato che feroce "cane rabbioso" dai modi sanguinari quando il suo boss lo comanda ad attaccare, ma pur sempre legato indissolubilmente all'amore per il fratello che lo costringerà ad una scelta senza ritorno tra il padre-boss D'Onofrio e una vita normale assieme a lui da vivere lontani dagli omicidi e i traffici criminali nei quali è cresciuto fin da piccolo.

Ultimo film di cui vi parlo prima dei miei soliti 3 consigli, è anche quello che ho scelto come "copertina" per questo articolo stesso, in quanto probabilmente il film più "a buon mercato" dell'intero elenco, ma forse uno dei più originali in quanto a idee di regia e messa in scena degli ultimi anni.

Il titolo in questione è "Der Samurai", diretto dal semi-sconosciuto regista Till Kleinert.

Un poliziotto di uno sperduto villaggio nelle foreste tedesche passa le sue giornate incolori una dopo l'altro, passando il tempo dando la caccia a un lupo che si aggira per il bosco vicino.

Ma l'incontro con un misterioso travestito dai capelli biondi armato di katana stravolgerà per sempre sia la vita del poliziotto che le normali esistenze dei cittadini del piccolo borgo.

L'uomo sarà costretto a dare la caccia al misterioso samurai, in parte affascinato e in parte terrorizzato da questo strambo e letale personaggio, che in una notte di follia seminerà terrore e morte nel villaggio.


Un'alternarsi di scene cruente e sanguinolente con alcuni allucinati trip visivi di colori e immagini, che rendono il film uno strampalato ma gustosissimo mix di un classico horror con l'assassino "affettatutto" a quello che invece sembra quasi un fumetto colorato e buio allo stesso tempo, dove al freddo e spento paesaggio da contorno fa contrasto la smilza silhouette del samurai nella sua vestaglia bianca da donna, coi capelli biondi e perennemente col il rosso vivo del sangue sgocciolante dalla sua micidiale spada giapponese.

Un film non per tutti, che tra un omicidio e l'altro infila il tema dell'omosessualità latente e repressa del protagonista, il finto e scialbo perbenismo e bigottismo della mediocre classe media che popola il villaggio, l'ancora più spenta anima e intelletto del poliziotto e i suoi colleghi che vengono fatti a pezzettini dal samurai quasi prima ancora di rendersi conto di cosa sta succedendo, quasi comparse senza importanza in un film dove la "motrice" vera e raggiante della sua essenza è tutta racchiusa nella lucida follia e spietata determinazione del samurai travestito, quasi "mentore" del poliziotto a cui cambierà inevitabilmente il suo modo di guardare e concepire il mondo.

Ma passiamo ora ai 3 film, indipendenti oppure poco conosciuti, che io consiglio riguardo al 2015.


American Ultra (Nima Nourizadeh)
Agenti dormienti addestrati dal governo americano e un timido e sfigato ragazzino commesso in un supermarket di provincia, cosa possono avere in comune?

Molto più di quanto pare all'inizio, quando si scopre che in realtà il giovanotto è (inconsapevolmente) il migliore di questi killer e che il governo ha finalmente deciso di toglierlo di mezzo per cancellare ogni prova del malriuscito (oppure no) esperimento di controllo mentale sui giovani virgulti americani.

A fianco del protagonista, un bravo e simpatico Jesse Eisenberg, già visto nell'ottimo "The village" di M. Night Shyamalan, abbiamo la famosa co-protagonista dello stra-successo commerciale "Twilight", Kristen Stewart, secondo il sottoscritto molto più in parte e più convincente in questo piccolo film action-comedy che in tutti gli episodi messi assieme della suddetta saga teeneger-vampiresca.

Il film è diretto dal molto bravo Nima Nourizadeh, regista di origini iraniane già autore del divertentissimo "Project X" che vi avevo consigliato nel mio articolo TRE PASSI DI FINE ANNO.

Una riuscita miscela di commedia, sentimenti e tante piccole ma ben fatte sequenze action di lotta e inseguimenti, diretti in modo decisamente divertente e spettacolare dal regista e recitate in modo convinto e spavaldo dagli attori, su cui tra tutti ricordiamo il sempre ottimo Walton Goggins, qui nel ruolo di "Laugher", il più letale dei rivali killer del protagonista.

Un film da guardare per una serata spensierata, che riesce a spremere le giuste lacrimuccie nei momenti giusti e a dare le giuste scariche di adrenalina nelle sequenze action, il tutto unito a un ottimo montaggio e una sapiente scelta nelle tracce della colonna sonora.


The Suicide Theory (Dru Brown)
Drammatica tragicommedia vivente, un uomo deciso a farla finita (Leon Cain) sembra letteralmente incapace di riuscirci, nonostante le provi tutte per cercare di suicidarsi.

Al limite della disperazione, l'uomo decide di ingaggiare un killer (Steve Mouzakis) per "appaltargli" l'incarico di ucciderlo, spiegandogli l'intera situazione nonostante la ovvia irritata e strafottente indifferente incredulità dell'assassino.

Incredulità che sfocierà velocemente nello stupore e meraviglia, quando egli stesso scopre esterefatto di essere incapace di far fuori la sua vittima.

Diretto con semplicità e con giusto una manciata di attori come protagonisti, il film funziona più che a dovere sopratutto grazie alla sceneggiatura in grado fino alla fine di tenere alta l'attenzione.

Bravissimi anche i due attori protagonisti, la vittima e il killer, all'inizio abbastanza "squadrati senza rifiniture" nel loro personaggio-stereotipo, ma via via invece sempre più sfumando uno nel carattere dell'altro fino al riuscitissimo finale-epilogo dell'intera vicenda che rimescola le carte rimettendo in gioco tutta la vicenda.

Un film un pò più impegnativo del precedente, ma comunque abbastanza leggero e "sciolto" da essere seguito senza troppe difficoltà per tutta la sua durata, apprezzando un modo diverso di fare film surreali e originali, con pochi mezzi ma un ottima regia al servizio di una buona sceneggiatura e una manciata di ottimi attori.

 

Lo sciacallo - Nightcrawler (Dan Gilroy)
Opera prima del regista Dan Gilroy, il film è decisamente uno dei miei preferiti di quest'anno.

Jake Gyllenhaal è un giovane spiantato che passa le sue giornate rubando tutto ciò che gli capita a tiro, quando una notte incappa in un incidente stradale ripreso in modo maniacale da un reporter (Bill Paxton) e scopre che con quelle morbose e sanguinolente sequenze video si possono fare bei soldi.

Decide così di procurarsi una telecamera e provarci egli stesso, riprendendo aggressioni e omicidi e incendi per la gioia e la crescente stima e simpatia di una produttrice televisiva, una aggressiva e senza scrupoli Renè Russo, sull'orlo della scadenza del contratto ma tenuta a galla grazie alle trucide videoriprese del giovane ragazzo, che ridanno vita agli ascolti della sua emittente televisiva.

Quando però gli incidenti cominciano a scarseggiare, il protagonista si mette all'opera per creare lui stesso i drammi di sangue e violenza che poi dovrà riprendere e vendere a caro prezzo alla sua cliente, anch'essa sempre più dipendente dai modi e gli affari in cui il diabolico ma geniale "ragazzo in carriera" riesce a risucchiarla.

Spietato occhio senza appello che giudica senza batter ciglio l'anima più dissoluta e perversa dei mass-media americani, cani da caccia perennemente a muso alzato fiutando sangue fresco, in un'eterna guerra all'ultimo servizio e l'ultima notizia, dove non si fanno prigionieri e tutto è lecito in nome dello share e della pubblicità da propinare ai propri spettatori.

Il regista mette giustamente il film completamente al servizio del protagonista, un fantastico e allucinato Gyllenhaal che ci propone un'altra prova da urlo dopo i suoi famosi "Donnie Darko" e "Zodiac" e (personalmente) anche per i meno conosciuti "Enemy" e "Prisoners", entrambi diretti dal bravissimo Denis Villeneuve, del quale vi ho consigliato l'ottimo noir "Sicario" nel mio articolo TRE PASSI NEL NOIR.

Film decisamente da vedere, uno dei top dei top dell'anno, poco conosciuto forse ma molto valido e originale, ben diretto e interpretato oltre che ben scritto e messo in scena, in una Los Angeles quasi sempre notturna dove i cameraman sfrecciano a tutta velocità lungo le strade a caccia delle loro vittime, da riprendere il più vicino possibile nel modo più cruento possibile per poi rivenderlo al prezzo più alto possibile... nella nazione che molti definiscono "il migliore dei mondi possibili".


RIPETO ANCORA I MIEI AUGURI DI INIZIO D'ANNO A TUTTI I LETTORI DELLA NOSTRA RIVISTA, AL SOLITO POTETE COMMENTARE, CRITICARE O SUGGERIRE ALTRI FILM NELLO SPAZIO DISQUS QUI SOTTO. ALLA PROSSIMA SETTIMANA, SEMPRE CON UN OCCHIO AI BUONI FILM, CHE SIANO FAMOSI O NO!

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 10/01/2016