Tre passi DI AMORE E PASSIONE

Coppie roventi che ardono di passione fino a consumarsi, relazioni pericolose ma irrinunciabili

San Valentino, festa degli innamorati.

D'accordo, capisco benissimo cosa pensate: in realtà una festa stritolata dalla macchina commerciale, come la festa della donna o la festa della mamma; al fine di vendere fiori, cioccolatini, anelli, collanine e altri ammenicoli assortiti.

Ma se c'è una scusa per essere più romantici e passionali con il proprio partner, perchè lasciarsela sfuggire?

Al cinema ovviamente non c'è bisogno di aspettare questa festa per farsi travolgere dalla passione, ma anzi può scoppiare dirompente come un lampo che ci abbaglia e lascia storditi, scomparendo nel nulla per sempre ancora prima di renderci conto che ci abba colpito.

Cominciando in modo leggero con una commedia d'altri tempi, non c'è film migliore da cui iniziare di "A qualcuno piace caldo", film del 1959 di Billy Wilder, dove la storica accoppiata Tony Curtis e Jack Lemmon si trova in fuga appunto dopo la famosa "Strage di San Valentino" del 1929 di Chicago, della quale il comico duo sono involontari e sgangherati testimoni.


Scappando dalla città i due si uniscono travestendosi ad un'orchestra tutta composta da donne, su cui tra tutte spicca la memorabile Marilyn Monroe, voluttuosa suonatrice di ukulele che ovviamente diventa il pomo della discordia tra i due amici che vorrebbero entrambi corteggiarla.

Memorabile il susseguirsi di gag e battute tutte basate sui doppisensi e le disavventure dei due comici che passano continuamente dal travestirsi da donne a tornare agli abiti maschili per conquistare la bella Marylin, il tutto ovviamente cercando al contempo di sfuggire agli scagnozzi della malavita che stanno tenendo una grossa riunione d'affari proprio nella città di Miami dove i due si stanno nascondendo.


Gradevolissima poi la scenetta musicale con la voce della dolce Marylin e memorabile il "Nessuno è perfetto" del finale, divertentissimo e mai più che oggi ancora attuale in quest'era dove i diritti dei gay sono ancora messi in discussione come ai tempi dell'inquisizione.

Passando poi a un altro maestro del cinema, in tema di amore e innamorati va citato sicuramente poi "L'Uomo Che Amava Le Donne", film del 1977 del grande François Truffaut.

"Le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia", così esordisce il protagonista del film, un mandrillo e inguaribile donnaiolo interpretato da Charles Denner.


La storia comincia dalla sua morte e il suo funerale presieduto dalla miriade di donne da lui sedotte e abbandonate durante la sua vita, tutte a modo loro sia infuriate che ancora innamorate del protagonista.

Truffaut ci descrive con simpatia e naturalezza la vita di questo conquistatore di cuori, nè particolarmente bello che particolarmente fascinoso, eppure capace coi suoi modi suadenti e a volte truffaldini sempre di far capitolare tra le sue braccia una moltitudine di amanti, ognuna delle quali a sua volta ne influenzerà l'esistenza fino al mortale epilogo finale.

Un classico senza tempo del grande regista francese di cui, visto che siamo in tema di storie d'amore, vi consiglio anche "La signora della porta accanto", ben più drammatico film del 1981.


Protagonista è la coppia formata da Fanny Ardant e Gérard Depardieu, ex-amanti perdutasi di vista da tempo che per ironia della sorte (e del regista) si ritrovano a vivere gomito a gomito come vicini di casa, entrambi come parte di due coppie (all'apparenza) felicemente sposate.

Inizialmente provando a fingere indifferenza, Depardieu si ritrova sempre più morbosamente attratto dalla sua ex fiamma, fino a rischiare il matrimonio e addirittura la follia quando la donna ricambia ferocemente i suoi sentimenti, in una sequela di tradimenti alle spalle dei rispettivi e ignari coniugi, i quali però intuiscono che qualcosa non fila più esattamente come in passato nei loro rapporti.


Melò di ambiente urbano e borghese, Truffaut fa a pezzi l'ipocrisia delle coppie di ceto-medio con la sua bravura dietro la macchina da presa e una sceneggiatura semplice e spietata, tutta incarnata nel grandioso personaggio di Depardieu, ipocrita e possessivo e geloso perfino del marito dell'amante, capace di distruggere con la sua folle idiozia due matrimoni e la sua stessa abusiva storia d'amore.

Passando ad un altra coppia rovente che ha fatto la storia del cinema, è necessario parlare quindi di "Il postino suona sempre due volte", memorabile film del 1946 di Tay Garnett successivamente riproposto nel 1981 per la regia di Bob Rafelson, dove l'originale coppia formata da Lana Turner e John Garfield veniva sostituita più che degnamente da Jack Nicholson e Jessica Lange.


La donna è incastrata in una vita noiosa e monotona con un marito più anziano che ormai non ama più da tempo, trovando nella fiammeggiante passione della relazione con il nuovo meccanico tutto lo sfogo per la sua repressa fame di sentimenti.

Sempre più inseparabile la coppia di amanti deciderà di sbarazzarsi dell'ingombrante e austero marito, in un piano che purtroppo andrà completamente storto facendoli addirittura ritrovare in tribunale uno contro l'altra.

Magistrali le intepretazioni di Nicholson e la bellissima Lange, in un film che si muove su diversi piani dall'erotismo al melodramma fino quasi al legal movie e la redenzione finale, in un rapporto finalmente libero da costrizioni e sotterfugi che purtroppo la coppia non potrà mai avere l'occasione di vivere.

Altro memorabile film che narra di una passione così ardente da consumare letteralmente i due protagonisti è poi "Ultimo tango a Parigi", indimenticabile film del 1972 del nostro compatriota Bernardo Bertolucci.

Sullo sfondo malinconico di Parigi, la coppia composta dalla giovanissima Maria Schneider e l'allora già maturo Marlon Brando si incontra per caso lungo le strade della città più romantica del mondo e si lascia andare senza controllo a una storia d'amore sfrenata, completamente incentrata sui loro rapporti e fantasie sessuali, ignorando qualsiasi altro aspetto della loro vita e non conoscendo neppure il nome l'uno dell'altra.


Una superba storia di amore e follia, dove personaggi allo sbando per le loro tristi e vuote vicende personali trovano rifugio nel calore del sesso come fosse una baracca in una tempesta, nel loro appartamento dove si lasceranno amare ferocemente uno dall'altro per poi lasciarsi senza alcuna conoscenza reciproca nonostante l'impatto lasciato nelle loro esperienze emotive.

Accolto ferocemente dalla critica per le numerose ed esplicite scene erotiche, il film fu comunque un fenomenale campione d'incassi e ancora oggi rappresenta un caposaldo per le storie di amore infuocate, girato comunque col solito garbo e la gentilezza di Bertolucci perfino nelle sequenze più estreme, ben lontano dalla paccottiglia moderna, patinata e laccata come il recente (ahimè altro campione d'incassi) "Cinquanta sfumature di grigio", diretto e interpretato in modo mediocre e già di suo con una base di partenza altrettanto penosa come il libro della "scrittrice" (chiamiamola così) E. L. James.


Continuando a parlare di registi italiani, magari tralasciando tutta una serie di film (seppure divertenti, quanto grezzi) come "Giovannona Coscialunga disonorata con onore" oppure "Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda", potremmo citare uno dei film meno conosciuti del grande Mario Bava, il bellissimo "La frusta e il corpo" del 1963.

Metà horror e storia di fantasmi e metà film di "amore e odio", consumata tra il terribile quanto fascinoso e sadico barone interpretato dal grande Christopher Lee e la sua vittima e amante, adultera moglie del fratello con il segreto piacere per il dolore, portata in scena dalla bravissima e sconcertante Daliah Lavi.


Il film è diretto con la solita impeccabile perizia di composizione fotografica da parte di Bava, il quale come al solito con pochissimi mezzi e una manciata di attori, mette in scena una storia di sadico amore che sfocia nella morte e nella follia, nonchè in seguito anche in omicidi e misteriose apparizioni dello spirito del barone, il quale armato della sua fidata frusta è in cerca di vendetta sulla sua amante masochista e il resto della famiglia, inconsapevole testimone e incapace fino al disturbante finale di capire cosa stia realmente accadendo tra le mura del castello.

Un horror/erotico psicologico e para-psicologico che segna un altro punto a favore del grande e indimenticato regista italiano.

Altro film, questa volta di un altro grande del cinema di genere italiano come Lucio Fulci, è poi "Una sull'altra" del 1969.


La moglie di un medico si spegne prematuramente e in modo sospetto, nonostante nessuno sospetti dell'uomo che può finalmente convivere con la sua amante, vogliosa fotografa di nudi per riviste spinte.

Ma l'incontro con una spogliarellista identica alla defunta consorte cambierà per sempre la vita del medico, sempre più risucchiato in un complotto omicida di cui lui è il capro espiatorio designato.

Altro regista per cui la messa in scena e la cura dell'inquadratura parla da sola, Fulci si butta in un genere nel quale si capisce subito ritrovarsi alla grande, quello del thriller ad alta gradazione erotica con scene di nudo più che esplicite e una indimenticabile sequenza saffica tra l'amante del medico e la sosia della moglie, oltre che un finale semplicemente geniale che spiazza lo spettatore con un cambio di prospettiva improvviso che conclude più che degnamente le vicende di tutti i personaggi.

Bravissime le attrici Marisa Mell ed Elsa Martinelli, oltre al protagonista interpretato da Jean Sorel in una storia palesemente ispirata a "La donna che visse due volte" di Alfred Hitchcock, dove lo spettatore non è mai sicuro di ciò che vede ed è in realtà ciò che non vede quello che spiega maggiormente la trama di inganni che si snoda durante il film, più che ampiamente poi dipanata e raccolta nel già menzionato riuscito finale di stampo "giornalistico/televisivo".

Sempre restando in Italia, menzione merita secondo il sottoscritto anche "Malizia", film del 1973 di Salvatore Samperi dove la conturbante Laura Antonelli interpreta la nuova governante che getta scompiglio tra i membri maschili di una famiglia siciliana, da poco reduce del lutto della madre.


Tra i divertenti siparietti in dialetto e gli altri personaggi della storia, il ragazzino adolescente si invaghisce sempre più della bella Antonelli in un (ovviamente) malizioso crescendo di provocazioni alla quale reagisce con stizza, eppure stando al gioco del ragazzino.

Un film abbastanza simpatico e con alcuni memorabili "scorci intimi" della Antonelli, oltre che uno dei più grandi successi di pubblico per una commedia all'italiana.

Passando poi a un altra commedia erotica si può parlare allora di "L'iniziazione", divertente film dove un giovanissimo Fabrice Josso è inizialmente preso in giro e bistrattato dagli altri uomini della magione dove vive.


Ma con l'avvento della Prima Guerra Mondiale e la chiamata di tutti gli uomini alle armi, il giovane rimane l'unica "presenza maschile" in un nugolo di donne che cominciano a circuirlo e (come da titolo) "iniziarlo" precocemente alla sua virile escalation di conquiste amorose.

Molto bella la vivace allegria di cui è pervasa tutta la storia, in un film che una volta tanto prende il sesso alla leggera con la dovuta ironia, come semplice componente di crescita ed essenziale spezia per insaporire la minestra delle nostre vite.

Altro film italiano con protagonista un giovanissimo innamorato è poi "Malena", film del 2000 di Giuseppe Tornatore dove il tredicenne Giuseppe Sulfaro fa il filo, come tutto il resto del paese poi, alla giovane e prosperosa vedova di guerra interpretata, con la giusta dose di sexy auto-ironia, da un'incantevole e ammaliante Monica Bellucci.


Il film vira spassosamente tra momenti più drammatici, seppur vissuti con leggerezza e distensione dal giovane ragazzo; ad altri più assurdi e psichedelici momenti di "introspezione" dove come spettatori assistiamo alle fantasie assurde del tredicenne.

Memorabili in tal senso tutte le sequenze vissute dentro e fuori dai film quando la scena si sposta al cinema, riprendendo in parte il discorso interrotto dall'altrettanto bello "Nuovo Cinema Paradiso", sempre del geniale Tornatore.

Non molte battute da interpretare per la Bellucci, invece, che comunque con la sua bellezza tutta italiana e la sua presenza di scena statuaria rapisce sempre l'occhio dello spettatore come un incantevole opera d'arte vivente, ripresa sapientemente dall'occhio artistico del regista, in una storia comunque non banale che gioca bene la sua iperbole sull'ipocrisia e il finto perbenismo dei paesini rurali del sud.


Tornando di nuovo al cinema statunitense, vorrei parlarvi allora di due film diretti dallo stesso regista, Adrian Lyne, la cui filmografia parla da sola in quanto all'ossessione sulle donne e a loro volta dell'ossessione delle stesse per le storie di amore e sesso tutte particolari.

Il primo e più famoso è "9 settimane e mezzo", ormai celeberrima storia dei due mesi+spiccioli di passione tra Kim Basinger e Mickey Rourke, romantica e un pò sola gallerista d'arte di successo la prima quanto misterioso ed enigmatico uomo d'affari fascinoso il secondo.


Inutile credo parlare dello stra-conosciuto spogliarello sulle note di "You can leave your hat on", cantata dalla sensazionale voce roca di Joe Cocker, in un pezzetto di cinema che (volenti o no) è diventato una icona dell'immaginario erotico degli anni '90.

Molto buono il montaggio e la fotografia (specie quest'ultima) del regista, forse scadendo un pò troppo nel "patinato" durante le scene più hot, ma comunque sempre riuscendo con grazia e classe ad esaltare il fascino naturale dei due protagonisti, oltre che ben differenziarne la natura emotiva e la risposta personale all'evolversi dell'insolito rapporto d'amore.

Virando più sul thriller psicologico, l'anno successivo porterà poi al cinema "Attrazione fatale", dove un felicemente sposato Michael Douglas si concederà una breve avventura di passione con Glenn Close, la quale però non sarà in grado si accettare il successivo rifiuto da parte dell'uomo per restare fedele a sua moglie.


Come sopra, ben dirette tutte le scene d'amore tra i due, alimentate da una crescente tensione per la follia sempre più incontrollabile della donna, la quale non esiterà a giocare il tutto per tutto arrivando a compiere le più crudeli e spietate efferatezze pur di vendicarsi del suo ex amante che non vuole più saperne di lei.

Ottima come al solito la prova di Douglas e semplicemente strepitosa poi Glenn Close, sia sexy e affascinante all'inizio che terrificante volto trasfigurato dalla folle gelosia nella seconda parte del film.

Citando poi sempre due film del medesimo regista sull'argomento di oggi, parlerei di due storie d'amore "atipiche" dirette da Tony Scott, fratello meno famoso (e meno dotato) ma regista di successo tanto quanto il suo più grande Ridley Scott.

La prima è "Revenge", appassionante film di amore e vendetta del 1990 con Kevin Kostner e Madeleine Stowe nel ruolo degli amanti e un grande Anthony Quinn nel ruolo del terribile malavitoso dolorosamente cornificato dai primi due.


Da migliore amico di Kostner il boss si ritrova consumato dall'odio e la vendetta, separando la coppia e spedendoli verso due infernali destini entrambi.

Ma Kostner sopravvive al violento pestaggio riservatogli dagli scagnozzi del suo ex-amico e parte per la sua strada solitaria in cerca di vendetta contro la vendetta subita da Quinn.

Un bel film che ci parla di amore e anche della futilità stupida dell'odio e la ricerca di vendetta, sia per il marito che per l'amante, in quanto alla fine a pagare il prezzo più alto sarà proprio la più incolpevole donna che è riuscita a metterli uno contro l'altro.

Pochi anni più tardi poi, nel 1993, Scott dirigerà per la penna del grande Quentin Tarantino il film "Una vita al massimo", altra insolita storia d'amore tra un giovane commesso di un negozio di fumetti interpretato dal giovane e simpatico Christian Slater e una giovane prostituta "regalatagli" per una notte dal suo datore di lavoro, una bellissima e vivace Patricia Arquette.


Nel tentativo di liberarla dal suo protettore (un irriconoscibile e sfregiato Gary Oldman) il ragazzo finirà per mettersi ancora più nei guai rubando un grosso carico di droga ad una banda di spietati malviventi.

Atmosfere, dialoghi e citazioni in ogni dove rendono questo probabilmente il miglior film diretto da Tony Scott, senza contare poi tutta una serie di divertenti cameo come il già citato Oldman oppure Brad Pitt nello spassoso ruolo di un fattone, oltre che poi il solito Christopher Walken nel ruolo di un capomafia o Dennis Hopper nel ruolo del padre del ragazzo, memorabile in tal senso il duetto tra i due sulle origini "da negri" dei suoi antenati siciliani.


Un ottimo film la cui storia doveva originariamente essere una delle trame che componevano il film culto "Pulp fiction" diretto da Tarantino, poi successivamente tagliato e riproposto come film a sè stante durante la scrittura assieme al vecchio volpone Roger Avary.

Rimanendo in tema di "amanti in fuga" è d'obbligo poi citare l'altro film culto "Cuore selvaggio", diretto nel 1990 dal visionario regista (altrettanto di culto) David Lynch.

Violando la libertà vigilata dopo il suo rilascio dal carcere, il giovane Nicholas Cage parte assieme alla sua dolce Laura Dern in viaggio verso la California, senza sapere che l'arcigna "strega cattiva" della di lei madre (una allucinata e paurosa Diane Ladd) ha sguinzagliato alle loro calcagna una serie di loschi figuri per dargli la caccia e togliere di mezzo l'odiato fidanzato.


Caldo e rovente, "fiammeggiante" potremmo dire, visto le numerose scelte di regia che pongono il fuoco quasi come un altro protagonista della storia, il film on-the-road di Lynch ci mostra un'altra America dove il sogno stelle e striscie può facilmente e repentinamente trasformarsi in un incubo.

In tal senso vedasi l'orrido sorriso stampato sul volto del malefico Willem Defoe, demone tentatore che cerca di far ricascare Cage nel gorgo del crimine, per poi tradirlo a sangue freddo nel corso del crimine stesso.

Un film diretto con una regia da sogno, immersa nel reale e l'irreale, una colonna sonora splendida (su tutti i pezzi ovviamente cito "Wicked Game" di Chris Isaak) e degli attori semplicemente in stato di estasi, un Nicholas Cage "romanticamente pazzo" e una Laura Dern giovane e bellissima principessa ignara e vittima della perturbante violenza che la circonda.


Concludendo prima dei miei 3 consigli finali, non posso poi non citare il mio preferito del genere e copertina di questo articolo, "Basic Instinct", bollentissimo giallo/thriller del 1992 diretto dal sempre ottimo Paul Verhoeven, uno dei pochi film del regista a non essere ancora stati INDEGNAMENTE remakizzati come le orride ultime uscite al cinema di "Robocop" e "Atto di forza", altre visionarie e spassosissime pellicole fanta-action del inossidabile regista olandese.

Michael Douglas nel film è un detective diviso tra due donne, la pericolosa scrittrice/psicologa e potenziale assassina bionda Sharon Stone (qui a temperature veramente solari) contro l'attraente ex-fiamma e altrettanto psicologa della polizia Jeanne Tripplehorn.


Chiamato a investigare su un potenziale crimine di cui tutti inizialmente sospettano la Stone, il detective si troverà sempre più perduto nelle sue indagini trovando altrettanto potenziali e letali motivazioni nella sua ex Tripplehorn.

Ottima la tensione e l'intrigo giallo che regge per tutto il film, con alcune sequenze action di inseguimento veramente ben dirette e spettacolari e in generale una atmosfera Hichcockiana di altri tempi, palpabile fino all'ultima inquadratura e ben dosata saggiamente tra scene hard e altre più poliziesche, in una storia costellata da personaggi ambigui e inaffidabili sia tra le feroci assassine del "circolo dell'amicizia" di Sharon Stone che tra gli stessi colleghi e poliziotti che affiancano Douglas, su tutte come già detto l'altrettanto sensuale e pericolosa Jeanne Tripplehorn.


Un film che non risente del passare del tempo e che a parare di chi vi scrive rappresenta il punto più alto della filmografia di Verhoeven, unendo al meglio le sue ossessioni puramente "carnali" e la sua bravura virtuosistica nel riprendere le scene più tese o i momenti più esagitati della storia, in una miscela unica dal sapore irripetibile che molti hanno provato (non sempre riuscendoci) a replicare per ottenere lo stesso successo strepitoso che ebbe questo film ai botteghini, uno degli incassi maggiori degli anni '90.

Ma passiamo ora ai miei 3 consigli finali riguardo tre film di "coppie in amore particolari" che reputo particolarmente più interessanti rispetto al resto di film del genere.


Sulle mie labbra (2001 - Jacques Audiard)
Le labbra di cui parla il titolo del film sono quelle attraverso le quali "ascolta il mondo" la giovane protagonista, Emmanuelle Devos, sorda impiegata per una ditta di costruzioni dove conosce il nuovo assunto ed ex-galeotto dal baffo trucido Vincent Cassell.

Inizialmente facendosi dei favori a vicenda, lei trovando un posto dove lui può abitare e lui ricambiando aiutandola a vendicarsi di un collega che vigliaccamente si approfitta del suo lavoro da tempo; la relazione tra i due si approfondisce sempre di più finchè non decidono assieme di tentare un colpo ai danni di un malavitoso locale, proprietario di una discoteca dove Cassell ha un secondo lavoro.

Una storia che sa unire come poche altre momenti di introspezione e delicatezza sulla solitudine che attanaglia i due protagonisti, per via del suo handicap la giovane donna e il giovane uomo invece a causa del suo passato criminale che pare non volerlo mollare perseguitandolo per sempre.

Ma il film ha anche un ottimo crescendo nella parte finale con un climax di tensione che raggiunge anche l'apice del rapporto della coppia, ormai resasi conto di aver bisogno di quello strampalato rapporto non solo per motivi puramente "di lucro", ma anche per riempire quel vuoto esistenziale che entrambi i protagonisti provano pur non riuscendo a esprimerlo a parole.

Bravissimi e decisamente in parte i 2 protagonisti principali, Vincent Cassell qui nella parte di un "duro" un pò atipico e "sfigato" per il suo solito e la Devos altrettanto brava che tiene testa più che egregiamente al famoso attore francese, entrambi diretti più che efficamente dal regista Audiard che come detto alterna sapientemente le scene più tese e violente ai momenti più romantici e personali dei due protagonisti.

Una storia d'amore particolare tra due perdenti che solo unendosi assieme riescono a superare le loro difficoltà, contro un mondo cattivo e crudele che non concede nessuna seconda possibilità a chi commette un errore.


The Housemaid (2010 - Im Sang-soo)
Una giovane ragazza viene assunta come cameriera da una ricca coppia che abita in una villa molto isolata.

Inizialmente accattivandosi le simpatie della bambina e la sua padrona incinta, la ragazza finirà per legare un pò troppo invece col padrone di casa, duro e ferreo potente uomo d'affari che non è abituato ad essere messo in discussione e sentirsi rifiutare niente da chicchessia.

Quando la moglie però si renderà conto della relazione e ancora peggio che la cameriera aspetta un figlio da suo marito, la situazione precipiterà velocemente e irrimediabilmente.

Ottimo thriller "casalingo" di pregevole fattura Sud-Coreana, il film offre una fotografia praticamente perfetta dal punto di vista estetico e una regia efficace che delinea con semplicita pochi personaggi ma ben differenziati uno dall'altro, ognuno con le sue motivazione e nessuno innocente a priori, cominciando proprio dalla protagonista per finire poi con la terribile madre della padrona di casa.

Non vi aspettate certo ritmi da cardiopalma o gente che corre isterica con coltellaci da cucina in mano, tutt'altro.

Il film anzi sembra scorrere più lento e placido tanto quanto più si fa spietata e senza scrupoli l'azione dei protagonisti, non escludendo certo alcune frecciate alla bigotta politica e mentalità familiare sud-coreana, specie di una famiglia di nobili origini e ricchi mezzi come quella di questa storia, capaci di qualsiasi cosa pur di preservare il loro status ed evitare ogni genere di scandalo.

Molto brava e bella con estrema semplicità la giovane protagonista, Jeon Do-yeon, attrice in ascesa che nel 2014 ha fatto anche parte della giuria al Festival di Cannes.


Passion (2012 - Brian De Palma)
Incredibilmente snobbato dal grosso del pubblico e della critica come se manco fosse esistito, vi consiglio calorosamente invece questa superba pellicola del solito De Palma.

La bellissima e ricchissima manager di successo Rachel McAdams prende "sotto la sua ala" la giovane Noomi Rapace, iniziandola ad una carriera come assistente di cui però si prende ogni merito riguardo le sue idee particolarmente più brillanti e che fanno ottenere un enorme popolarità a tutta l'azienda.

Ovviamente la giovane non accetta lo sgarro e si vendica a sua volta, in una escalation di vendette e contro-vendette tra le due donne che raggiungerà l'apice nell'imprevedibile e sanguinoso colpo di scena finale.

Inutile quasi parlare della solita ottima regia di De Palma, uno di quegli autori che dirige ormai "col pilota automatico" dato l'enorme mestiere accumulato negli anni e la sua immensa filmografia di film grandiosi che parlano da soli per quanto concerne la sua bravura.

Comunque sia è molto più asciutto ed "essenziale" in questa pellicola, lasciando da parte tanti dei suoi "split-screen" o lunghissimi "piano-sequenza" che sono il suo marchio di fabbrica, in favore di inquadrature più ferme quasi a voler catturare meglio lo sguardo sempre più arcigno nella crescente rivalità tra le due bellissime protagoniste.

Un film di due donne che si odiano ma si ammirano e amano secondo la loro folle via, continuando quasi a rispettarsi anche quando cercano di uccidersi a vicenda, per non parlare poi degli uomini che in questa storia sono poco più che "accessori" alla stregua delle loro borsette firmate e i kit di bellezza con cui si rifanno il trucco ogni due minuti, per apparire sempre al cento per cento della loro spietata e implacabile bellezza.

Un altro canestro da tre punti quindi per Brian De Palma, in questo "Passion" che dal 2012 ad oggi rimane l'ultimo film diretto dal grande cineasta italo-americano.

 

SPERO DI NON AVER PORTATO VIA TROPPO TEMPO AI VOSTRI APPUNTAMENTI ED IMPEGNI AMOROSI, OVVIAMENTE AUGURO A TUTTI VOI UN FELICE E COCCOLOSO SAN VALENTINO, MAGARI APPOLAIATI SUL DIVANO GUARDANDO UNO DEGLI INNUMEREVOLI FILM CHE VI HO CONSIGLIATO QUESTA DOMENICA. AMATEVI CON CALMA E ALLA PROSSIMA SETTIMANA PER IL PROSSIMO ARTICOLO!

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Articolo pubblicato il 14/02/2016