I dimenticati - "Enemy"

Jake Gyllenhaal contro sè stesso in un diabolico thriller psicologico firmato da Denis Villeneuve

Con al suo attivo 7 film in quasi 20 anni di carriera da regista, Denis Villeneuve è riuscito solo negli ultimi due/tre anni a imporsi definitivamente all'attenzione del grande pubblico.

Era infatti il 2013 quando usciva nelle sale il suo "Prisoners", storia di rapimenti/contro-rapimenti e vendette decisamente anti-convenzionale senza la necessità banale di dover dividere i personaggi in "buoni e cattivi" come i più classici thriller d'azione; ma anzi dove il personaggio di Hugh Jackman come padre alla ricerca del figlio riusciva quasi a diventare più inquietante e spaventoso dei rapitori stessi.


Lo stesso anno, poco più tardi usciva in sordina questo decisamente "sottovalutato" e poco pubblicizzato "Enemy" di cui andremo a parlare oggi.

Ambientato nella città di Toronto, il film è basato sul romanzo "L'uomo duplicato" dello scrittore e premio Nobel per la letteratura Josè Saramago; opera di non facile lettura che Villeneuve riesce ottimamente a portare sullo schermo, anche grazie all'aiuto del suo sceneggiatore Javier Gullón.


Di cosa parla il film?

Partendo dalla base quasi fantascientifica di un professore universitario (Jake Gyllenhaal) che scopre di avere un clone/sosia/fratello assolutamente identico in giro nella sua stessa città, vedendolo per caso come comparsa all'interno di un film; la storia e i personaggi ci parlano in realtà della nostra società moderna, dittatura e democrazia, rapporti tra uomini e donne e tra gli uomini in generale con sè stessi e la loro natura più nascosta.

Altrettanto di livello il resto del cast, con il breve cameo della attrice "musa" di David Lynch all'epoca di "Velluto blu", la nostra bellissima e bravissima connazionale Isabella Rossellini; non di meno poi l'altrettanto giovane e dotatissima attrice (nonchè regista) Mélanie Laurent, conosciuta dai più per il suo ruolo dell'ebrea Shosanna nel film "Bastardi senza gloria" di Quentin Tarantino; menzione merita infine anche Sarah Gadon, altrettanto giovane e bella e attrice di talento già in mostra in "Cosmopolis" del grande David Cronenberg.


Tragicamente ignorato (finora) dalla distribuzione italiana, il film è purtroppo reperibile soltanto in lingua inglese.

Questo dovrebbe dirla lunga credo sullo stato e la condizione attuale della nostra industria cinematografica e i mezzi di diffusione da sempre avversi ai film più particolari e ricercati che non siano l'ennesimo sparatutto americano pieno di eroi in costume o il film stra-conosciuto ricoperto di premi in questa o quell'altra manifestazione.

Il film è più che degno di essere visto, un'opera anzi quasi unica nel suo modo onirico e pragmatico al contempo di portare in scena un libro difficilissimo da "visualizzare" per immagini, oltre che aprire una serie di questioni in sottotesto mai banali e dove sia lo scrittore che il regista dimostrano onestamente di non avere risposte pronte o "formule della felicità" per spiegare la vita e i problemi del mondo che ci circonda.

Ma analizziamo più nel dettaglio quelli che sono i punti di forza del film.


CAOS ORGANIZZATO E HOMO SAPIENS
Citando una lezione stessa del protagonista, "il caos è l’ordine non ancora decifrato".

Ovvero il caos in realtà non esiste, siamo solo noi che non riusciamo a comprenderlo, limitati dai nostri mezzi umani e i nostri vicoli ciechi personali; una specie solo apparentemente "civilizzata" ma in realtà più vicini ai nostri cugini estinti di Neandertal di quanto a noi stessi piacerebbe ammettere.


Ne è la prova l'incapacità dei due protagonisti di instaurare un vero rapporto con le loro compagne, quelle donne "portatrici di vita" che pazientano alle deficienze di coppia e gli sbalzi umorali e quasi psicotici dei loro compagni; donne stesse che saranno poi nella storia il vero fulcro e pomo della discordia tra le due facce degli uomini interpretati superbamente da Jake Gyllenhaal.

Così come nei rapporti più intimi poi la stessa equazione può essere applicata all'intera società moderna: da qui l'altra ricorrente citazione del "panem et circenses", con l'industria dell'intrattenimento di oggi mai così prospera e attiva nel fornire svaghi e diversivi al popolino frustrato dalle proprie vite difficili e faticose e con poche o nessuna speranza di miglioramenti per il futuro.


Giustamente e ulteriormente frustrato poi da governi inetti e fraudolenti, dove le ideologie e i valori sono svenduti e spacciati come spot commerciali; quindi che l'intrattenimento in questione sia il cinema come lo sport o il sesso come la droga, il motto dell'elitè dominante rimane sempre "distraili e svuotagli le tasche", convincendoli anzi che il loro è il migliore dei mondi possibili e devono essere anche grati per il loro sterile e puerile stile di vita.


ES, IO, SUPERIO E LA MADRE TARANTOLA
Non starò a dilungarmi nei sofismi cercando inutilmente di spiegare i simbolismi e le sottotrame di questo film.

Non credo siano in grado di farlo, forse, neppure lo stesso Villeneuve e lo scrittore Saramago; i quali da ottimi artisti quali sono non fanno altro che semplicemente spiattellarci in faccia questo mondo e questi personaggi, lasciando a noi il compito di interpretarli e decifrarli.


Compito ovviamente al quale i più degli spettatori non hanno molta voglia di assolvere, abituati ai clichè stereotipati e le voci narranti che spieghino per filo e per segno il film mentre gli scorre sotto agli occhi.

Sicuramente nell'alternarsi delle vicende tra i due protagonisti del film vediamo bene sia le pulsioni carnali e i bisogni primari alla base della nostra natura umana ed imperfetta; ne è un esempio lampante l'attrazione sessuale per le reciproche compagne e la disastrosa catena di eventi che porta cercare di soddisfarla.

Ma è soprattutto nelle figure femminili che si intravede quel controllo più razionale e quell'intelletto logico che come esseri umani aspiriamo ad avere la maggior parte del tempo, pur essendo consapevoli di non poter avere mai il controllo completo delle nostre anime, dei nostri pensieri e neppure del nostro stesso corpo che, quasi come entità estranee, alle volte fanno di tutto per ribellarsi e contestare il nostro volere cosciente.


Controllo e "illusione del controllo" sono quindi i due archetipi su cui finiscono duramente per cozzare i due uomini "copiati" e finalmente ritrovati, misteriosamente originati da una "madre tarantola" (vedere per credere) che può essere più ampiamente assimilata (siamo nel campo delle ipotesi ovvio) alla ragnatela di costrizioni in cui ci stringe la nostra stessa società, così come più in piccolo il nostro mondo di lavoro o ancora più nel privato la nostra sfera sentimentale o il nostro nucleo familiare.

Mi rendo conto di sembrarvi magari vaneggiare, ma è anche questo il bello del film, l'aprirsi dinanzi a un ventaglio di possibili interpretazioni mai del tutto soddisfacenti o appiananti; così come mai del tutto cestinabili o negate per principio.

Un film insomma che può essere visto attraverso molti occhi e spiegato con molte voci differenti.


JAKE GYLLENHAAL AL QUADRATO
Oltre al lavoro del regista e del suo sceneggiatore, nonchè in primis ovviamente del bravissimo Saramago, altro punto di forza ed elemento trainante del film è l'ottima prova recitativa offerta dall'attore principale, Jake Gyllenhaal.

Balzato agli onori dei fans solo dopo il notevole film teeneger/fantascientifico "Donnie Darko" e successivamente consacrato con "I segreti di Brokeback Mountain" assieme all'ahimè scomparso Heath Ledger, ultimo "Joker" in ordine cronologico della saga cinematografica di Batman e premiato (in maniera forse un pò troppo "ruffiana") con il premio Oscar postumo per lo stesso ruolo.


Negli ultimi anni si è confermato un ottimo attore sia nei ruoli più difficili come il vignettista di "Zodiac", ottimo thriller (anch'esso sottovalutato dai più) sull'omonimo serial killer americano; così come in film più leggeri e di intrattenimento come "Source code", fantascientifica storia di viaggi nel tempo a cura del bravissimo Duncan Jones; così come ancora nell'ottimo "Lo sciacallo - Nightcrawler" che suggerivo nel mio articolo "Tre passi nel 2015".

Già al servizio di Villeneuve nel sopra-citato "Prisoners", in questo "Enemy" il buon Gyllenhaal si rilancia e raddoppia proponendoci due personaggi diversissimi seppur assolutamente "identici" e indistinguibili dal punto di vista estetico.


Merito ancor di più alla bravura quindi di rendere la differenza nelle due personalità semplicemente con la sua mimica facciale e la postura e le movenze del corpo, più pacato e ragionevole nel ruolo del professore così come più aggressivo e spregiudicato in quello dell'attore; senza marcare troppo la linea tra i due ma semplicemente lavorando di fino sulle sottigliezze fisiognomiche che diffenziano i due caratteri principali.


COME AL SOLITO SPERO DI CONSIGLIARVI BENE SUGGERENDOVI LA VISIONE DI QUESTO FILM, UN FILM CHE LASCIA SPAZIO AGLI ATTORI NELLA RECITAZIONE E AL REGISTA NELLA DIREZIONE ARTISTICA DI UNA STORIA NON SEMPLICE E POCO SPIEGABILE IN PAROLE SEMPLICI E POCHE FRASI... UN REGISTA SU CUI GIRA LA VOCE (PRENDETELO COME "RUMOUR") POSSA ESSERE IL PREDESTINATO A DIRIGERE IL SEGUITO DELL'IMMORTALE "BLADE RUNNER" E CHE SEMBRA AVERE TUTTE LE CARTE IN REGOLA E LE CAPACITA' PER FARLO... ANCHE SE NON FORSE CAPACE DI FARLO IN MODO CHE PIACCIA A TUTTI E PER TUTTI COME FU PER IL PRIMO, ANCHE SE QUESTO NON E' NECESSARIAMENTE UN DIFETTO SE COSTRINGERA' QUALCHE SPETTATORE IN PIU' A RAGIONARE QUALCHE VOLTA SU QUEL CHE VEDE SULLO SCHERMO.

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Articolo pubblicato il 15/05/2016