Classico vs Remake - "Cape Fear - Il promontorio della paura"

Mitchum vs De Niro: due grandi "Robert" del cinema per un film di J.Lee Thompson riproposto in un remake di Martin Scorsese

Il confronto di oggi è sicuramente in bilico per il giudizio, visto che parliamo di 2 film entrambi ottimi ma che hanno uno rispetto all'altro diversi punti di forza che li rendono migliori in certe cose e peggiori in altre rispetto al concorrente.

Due film che si elevano comunque entrambi specialmente per il ruolo del "cattivo" Max Cady, ex-detenuto in cerca di vendetta contro l'avvocato responsabile della sua carcerazione, ruolo nel 1962 affidato al mitico Robert Mitchum e nel remake del 1991 invece all'altrettanto grande Robert De Niro.


Altrettanto difficile è confrontare poi due registi di lunga data come J. Lee Thompson e Martin Scorsese, talenti indiscutibili dalla filmografia invidiabile, sebbene (vuoi magari per vicinanza cronologica) io ritenga personalmente il secondo un regista maggiormente "innovativo" rispetto al predecessore, seppur bisogna sottolineare la censura molto più pressante per i tempi in cui lavorava Thompson, rispetto alla ventata di libertà della New Hollywood in cui crebbe il giovane Scorsese.

Non da meno poi è anche difficile confrontare il resto del cast tra originale e remake: Gregory Peck nel ruolo del perseguitato non sfigura certo di fronte al personaggio (seppur più ambiguo e complesso) interpretato da Nick Nolte, così come moglie e figlia originariamente affidate alle attrici Polly Bergen e Lori Martin sono più che degnamente sostituite da Jessica Lange e Juliette Lewis.


Confrontando invece le due sceneggiature posso senz'altro sbilanciarmi nel preferire il remake del 1991 riscritto da Wesley Strick, più interessante nel caratterizzare le origini della vendetta e in grado di valorizzare meglio i personaggi di contorno di tutta la vicenda, su tutti le già citate brave e bellissime Lange e Lewis, la prima moglie gelosa colma di nevrosi e ossessivamente oppressiva verso la figlia, che invece rispetto all'originale si lascerà (inizialmente) sedurre dal fascino perverso del persecutore del padre.

Ma analizziamo più nel dettaglio i vari punti a confronto tra originale e remake di questi due "Promontori della paura".


ROBERT VS ROBERT
Due interpretazioni agli antipodi dello stesso personaggio, vuoi anche causa la già citata censura dell'epoca che avrebbe sicuramente castrato a priori una interpretazione violenta e selvaggia come quella di De Niro, ma che ha consentito probabilmente a Mitchum di lavorare più a fondo sulle sottili sfumature e smanie del suo personaggio.


Dove la violenza di Mitchum è più psicologica e di atteggiamenti, De Niro invece è inoltre protagonista di alcune scene shock come la brutale aggressione all'amante di Nick Nolte, una convincente Illeana Douglas invece personaggio assente nell'originale; oppure ancora il violento pestaggio a cui è sottoposto da alcuni scagnozzi a pagamento, dal quale emerge vincitore rivalendosi sull'atterrito avvocato sconfitto citando Silesio:

Io sono simile a Dio e Dio è simile a Me
Io sono grande quanto Dio, Egli è piccolo quanto Me
Egli non può essere al di sopra di Me, ne Io al di sotto di Lui.

Bisogna anche dire che Mitchum risulta più "umano" nella sua crudeltà facendo più leva sulla paura e la vergogna delle sue vittime, vedi il rapimento della ex moglie costretta a scrivere una confessione che racconta a Gregory Peck in uno degli ultimi faccia a faccia prima del finale, sottintendendo senza minacciare apertamente di avere in serbo lo stesso trattamento per moglie e figlia dell'avvocato.

Dalla sua parte non si può negare però anche l'ottimo lavoro fatto da De Niro nello "scolpire" il suo fisico in un muscoloso profeta ricoperto di tatuaggi, beffardamente sogghignante con un enorme sigaro tra i denti e capace di tenerezza e intelligenza nel conquistare l'amante e la figlia di Nick Nolte, così come di volgare e pura malvagità nel concitato e violento epilogo della storia.


Due personaggi che escono secondo il sottoscritto a pari punti, più sottile e diabolicamente divertente quello di Robert Mitchum, probabilmente; contro quello più "fisico" e pieno di cultura e altrettanto diabolico charme di Robert De Niro, decisamente più inquietante e spaventoso fin dalle prime inquadrature.


THOMPSON VS SCORSESE
Anche in questo caso è dura lotta tra i due registi, dove il primo e originale sceglie un taglio palesemente più "Hitchcockiano" nel montaggio, nelle scenografie e nei personaggi; Scorsese invece non tradisce sè stesso e reduce dall'immenso successo di "Quei bravi ragazzi" di pochi anni prima, ne ripropone lo stesso tipo di violenza shock che prende di sorpresa lo spettatore, seppur stavolta con ritmi molto più pacati nella narrazione però saggiamente sempre colma di tensione.


Magnifici in questo senso il gioco di luci e di colori nel remake durante le notti in casa dove i protagonisti non riescono a dormire, lasciando sempre nel dubbio lo spettatore se il cattivo sia veramente stato presente o se è solo frutto della mente stremata dallo stress dell'avvocato.

Più classico ma altrettanto efficace lo stile di Thompson, specie nel finale e nella lunga sequenza nella scuola dove la figlia è inseguita dal folle finendo poi per essere investita da un'auto, sequenza sostituita nel remake da un De Niro che si spaccia per insegnante seducendo in modo inquietante la giovane Juliette Lewis.


Più riuscita nella versione classica l'impotenza della legge davanti alla furbizia del criminale, intelligente quanto basta nel minacciare velatamente l'avvocato senza scadere mai in un reato perseguibile vero e proprio, anzi riuscendo addirittura a convincere il giudice del paradosso che è l'avvocato che lo sta perseguitando.

Un folle invece molto più apertamente pericoloso nel remake di Scorsese, dove minaccia senza troppi fronzoli perfino il detective assunto dall'avvocato per tenerlo a bada; oppure come già detto reagendo come un animale e riuscendo a sopraffare i suoi avversari durante l'aggressione a pagamento di un ormai esasperato Nick Nolte, anch'essa rigirata furbescamente davanti al giudice come ulteriore prova della persecuzione di cui afferma essere vittima.


Interessante la scelta di De Niro per il suo avvocato difensore, ovvero lo stesso Gregory Peck del film originale; mentre a Robert Mitchum è invece assegnato il ruolo del tenente di polizia che segue il caso di Nick Nolte.


VERDETTO FINALE
Due film forse troppo segnati dalla differenza dei tempi per essere affiancati sul serio, divisi da un'epoca di ristretta censura e limiti tecnici per arrivare alla nuova Hollywood e la voglia di sperimentare degli anni di Scorsese.

Dove il primo risulta più originale e creativo nel costruire la "crudeltà" del personaggio di Mitchum; il secondo riesce con una sceneggiatura più ampia e complessa a descrivere in modo più ambiguo il mondo dove si svolge la vicenda.


Nel film del 1991 quindi i buoni non poi così buoni come sembrano e De Niro, anche se di certo psicopatico, ha pur sempre la ragione di un giusto processo negato alla base delle sue azioni.

Personalmente da amante di Scorsese ammetto di avere un debole più per il remake che per l'originale, in quanto film; mentre riguardo al personaggio principale Robert Mitchum secondo me rimane imbattuto seppur messo alla prova dalla solita grande prestazione di De Niro.


Un De Niro all'epoca protagonista di film grandiosi uno dopo l'altro da "Quei bravi ragazzi" a "Casinò" fino a questo "Promontorio della paura" che segnerà la fine del lungo sodalizio con Scorsese, fin dai tempi di "Mean streets" e "Taxi Driver" o ancora l'indimenticabile "Toro scatenato".

Do quindi per vincitore (ai punti) il film di Scorsese, seppure più agilmente scritto sulla base di partenza dell'originale (cosa che poi vale per tutti i remake) ma riproposto in modo originale sia come regia che in fase di scrittura, incastonando nell'universo Scorsesiano un altro personaggio (seppur non originale) che rimane impresso nella memoria di chiunque lo guardi, ampiamente citato nella cultura comune dai Simpsons o dozzine di altri film e telefilm.



RENDENDOMI CONTO CHE MOLTI POTRANNO INVECE PREFERIRE L'ORIGINALE DEL 1962 AL REMAKE DI SCORSESE, NON INTENDO COMUNQUE NASCONDERMI DIETRO AL FACILE LUOGO COMUNE "I GUSTI SONO GUSTI", MA SPERO DI AVERVI SPIEGATO ANZI LE MIE RAGIONI CHE RAFFORZO ANCORA RILANCIANDO COMUNQUE L'IMPORTANZA DELLA CARRIERA DI SCORSESE RISPETTO AL SEPPUR BRAVO J. LEE THOMPSON, UN MAESTRO DEL CINEMA AL COSPETTO DI QUELLO CHE (RISPETTO PARLANDO) RESTA COMUNQUE UN OTTIMO "MESTIERANTE" ANZI REGISTA DI ALTRI OTTIMI FILM COME "I CANNONI DI NAVARONE" O LA FORTUNATA SERIE DE "IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE" CON CHARLES BRONSON PROTAGONISTA.

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Articolo pubblicato il 11/06/2017