Febbraio in nero - Parte 3

Il Cinema di altri tempi nelle mille sfumature del genere Noir

Per il terzo appuntamento di questo "Febbraio in nero" andiamo a parlare di 3 dei film più duri e cattivi usciti nel periodo d'oro della "Hollywood Noir".

Periodo che abbiamo già ampiamente inquadrato tra gli anni '40 e '50, a cavallo della Seconda Guerra Mondiale che con i suoi orrori aveva profondamente scosso le anime di tutti gli americani, nonchè poi garantire un flusso migratorio di registi dall'Europa che cambiarono radicalmente le regole del cinema moderno.

Passati quindi i tempi dei musical allegri e solari oppure dei western pieni di eroi solitari sempre dalla parte giusta della storia, i film lasciarono il pasto ad ambientazioni più cupe e pessimiste nonchè protagonisti moralmente ambigui e disillusi dalla vita.

Film illuminati e fotografati basandosi sullo stile Espressionista dai più profondi e reconditi frangenti emotivi, con set scuri tagliati da lame di luce come il bene che si fa strada dentro il male, assimilandolo e facendolo diventare parte di sè stesso.

"Quando guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro", così diceva Friedrich Nietzsche, il che tradotto semplicemente vuol dire che, lottando contro la pazzia e la violenza del mondo, si finisce spesso col diventare pazzi e violenti di riflesso, come infettati dallo stesso male che si cerca di combattere.

Il che ci porta ai film noir e la loro essenza più cristallina: criminali che con la paura e la sofferenza marcano il territorio delle loro scorribande, godendo palesemente dei loro abusi contro i più deboli.

Poliziotti, politici e uomini di legge disillusi e molto spesso corrotti che accettano apaticamente lo stato delle cose o ancora peggio sono parte integrante del problema, collusi con gli stessi criminali che dovrebbero perseguire.

Donne fatali tanto belle quanto pericolose, affascinanti e immorali come un diamante rubato, che usano il loro potere femminile come le rivoltelle dei criminali, un'arma tante volte che finisce per ritorcerglisi contro finendo col diventare l'ossessione di uomini dai metodi spicci pronti a farsi travolgere dalla pazzia pur di possederle.

I tre film di oggi racchiudono al meglio tutti i personaggi di cui abbiamo parlato, quindi entriamo nel vivo dell'articolo con i 3 consigli noir di questa domenica di Febbraio.


LA FIAMMA DEL PECCATO (1944 - Billy Wilder)
In lingua originale "Double Indemnity", come la doppia indennità che la coppia protagonista di questo film cerca di incassare orchestrando un omicidio perfetto.

Coppia composta dagli attori Fred MacMurray e Barbara Stanwyck, il primo agente per una compagnia d'assicurazioni e la seconda moglie insoddisfatta di un ricco uomo d'affari.

La coppia con l'inganno farà firmare alla vittima una polizza vita per poi ucciderlo, facendolo sembrare caduto da un treno e incassando così la "doppia indennità" di cui sopra; un premio specifico per certe condizioni che raddoppia il valore della polizza vita.

Ma il collega e investigatore assicurativo, interpretato da un grande e straripante Edward G. Robinson, fiuta puzza di bruciato e si mette a indagare senza tregua sull'omicidio, stringendo il cerchio sempre più pericolosamente attorno alla donna.

Donna ulteriormente inguaiata dalla figliastra che è convinto abbia già ucciso sua madre, in quella che agli occhi del sempre più alla deriva MacMurray sembra sempre più un piano organizzato da tempo, a sangue freddo, per fare fuori il marito; il piano di cui lui potrebbe solo diventare lo stupido e corrotto capro espiatorio.

Un film raccontato in flashback, dal protagonista in punto di morte che parla in un registratore, una specie di racconto noir e confessione commisto al rispetto per il collega investigatore, nonostante la rovina che ha portato ai suoi piani e sogni di gloria.

Diretto dall'immarcescibile Billy Wilder, fantastico regista di polizieschi così come commedie o altri noir storici come "Viale del tramonto"; regista a tutto tondo dai molteplici talenti che è riuscito a dettar legge nel mondo del cinema fino agli inizi degli anni '80.


ORE DISPERATE (1955 - William Wyler)
Film a firma di William Wyler, uscito nei cinema 5 anni prima del suo storico "Ben Hur", colossal ultra-premiato dalla critica e dal pubblico alla cui realizzazione collaborò, non da poco, anche il nostro mitico Sergio Leone di cui, come seconda unità, diresse la celeberrima corsa delle bighe.

Un thriller al cardiopalma con un Humphrey Bogart cattivissimo e alla testa di un trio di criminali evasi che prende ostaggio nella sua stessa casa la tipica famigliola medio-borghese americana.

Assieme a Bogart c'è il fratello, più ingenuo e innocente e l'unico che prende le difese della famiglia in certi frangenti; insieme poi al bruto e rozzo Robert Middleton, gigante incontrollabile che con la sua arroganza e ignorante prepotenza darà del filo da torcere allo stesso Bogart.

Nel corso delle lunghe ore, mentre il gruppo attende un gruzzolo di soldi per potersela svignare dalla polizia che stringe sempre più il cerchio attorno a loro, il confronto si fà sempre più duro tra il padre di famiglia e il capo degli evasi, il quale lo sbeffeggia ripetutamente dicendo di sentire gli ingranaggi nel suo cervello "ticchettare" per cercare di metterli nel sacco.

Un personaggio, quello di Bogart, duro ma segnato dalla violenza di un poliziotto che gli ruppe la mascella ai tempi del suo arresto, verso il quale il rancore e desiderio di vendetta non mai svanito completamente e per il quale esita a scappare pur di poter avere la sua rivalsa.

Un film diviso in buoni e cattivi, con il gigante cattivo e stupido contrapposto all'ingenuo e coraggioso ragazzino che tenta a più riprese di scappare, finendo soltanto con l'inguaiare ulteriormente la famiglia.

Ulteriormente complicato il rapporto della figlia con il padre, deluso dal ragazzo che vorrebbe fidanzarsi, al quale poi invece dovrà finalmente l'arrivo della polizia nel finale.

Un classico intramontabile di cui Michael Cimino girò un remake uscito nei cinema negli anni '90, con il padre interpretato dal bravissimo Anthony Hopkins e il boss criminale invece da un grande Mickey Rourke.


LA MORTE CORRE SUL FIUME (1955 - Charles Laughton)
Concludiamo i consigli con un altro superbo film del filone degli anni '40 e '50, con un cattivo senza anima nè coscienza interpretato da un Robert Mitchum in stato di grazia, probabilmente all'apice della sua straordinaria carriera.

Impossibile imitare il carisma e la lucida cattiveria nel suo ruolo del predicatore assassino, uomo dai lucidi e brutali propositi che ha tatuato "Love" e "Hate" (Amore e Odio) rispettivamente sulle nocche della mano destra e sinistra.

Alla ricerca di un bottino di una vecchia rapina di cui è venuto a conoscenza da un compagno di carcere, l'uomo si insinua nella sua famiglia circuendone la moglie, prima, per poi terrorizzarne i figli dopo, fermamente convinto del fatto che questi conoscano il nascondoglio della refurtiva.

Un film spietato dove i "buoni" sono i due poveri bambini, ormai orfani, alla deriva lungo il fiume con alle calcagna l'implacabile Mitchum, nascosto nelle ombre delle luci innaturali che gli alberi proiettano lungo la riva sugli sventurati e innocenti minacciati dall'immortale lupo cattivo di fiabesca memoria.

Un protagonista palesemente pazzo all'occhio dello spettatore, ma dai modi affabili e suadenti con gli altri protagonisti, seducente ammaliatore che usa la Bibbia e Gesù per giustificare le sue malefatte.

Uno psicopatico agghiacciante che raggiunge l'estasi sessuale solo con l'omicidio, come quando scatena la sua pulsione omicida contro la donna, coltello alla mano col quale uccide anche la stessa ingenua innocenza dei poveri figlioli.

Un film diretto da Charles Laughton, regista e attore che ricordiamo anche per la sua grandiosa interpretazione in "Notre Dame" del 1939, nel celebre ruolo del povero campanaro gobbo Quasimodo che si innamora della bella zingara Esmeralda.

Un classico di ogni tempo che va visto e rivisto, studiato nella sua impressionante "semplicità" per capire cosa sia davvero il cinema, una sceneggiatura e una messa in scena che ancora oggi fa furore sui nostri schermi 4k dove i film moderni si fanno la guerra all'ultimo pixel, dimenticando spesso e volentieri l'anima stessa di quella che è la settima arte in favore della pura nitidezza e definizione dell'immagine.

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Articolo pubblicato il 18/02/2018