Il cinema degli elementi - TERRA

Acqua, fuoco, aria e terra: quattro film per quattro elementi

Dopo aver dominato gli elementi attraverso i film per tutto questo mese di Marzo, arriviamo all'ultimo articolo incentrato sulla terra.

Elemento sul quale poggiamo i piedi tutti i giorni e che ci sembra cosi' banale e scontato da non renderci conto di tutte le implicazioni economiche, finanziarie, politiche e umane di cui esso e' intrinsicamente pregno e inevitabilmente fautore di lotte eterne tra gli uomini di qualsiasi tempo, cultura ed estrazione sociale o geografica.

E una di queste lotte è la famosa epopea messicana che ha portato a grandi film sulla rivoluzione come "Giù la testa", storia di guerra civile a sfondo banditesco come al solito diretta in modo inimitabile dal nostro grande Sergio Leone; film dove la terra e la lotta per la libertà sono il calderone nel quale si ritrovano coinvolti loro malgrado due furfanti (Rod Steiger e James Coburn) che da sfortunati e squattrinati rapinatori finiscono per diventare eroi della rivoluzione di Pancho Villa ed Emiliano Zapata.

E citando Zapata non possiamo ovviamente trascurare l'ottimo "Viva Zapata!" di Elia Kazan, con un al solito fantastico Marlon Brando protagonista, nel ruolo del rivoluzionario contadino che oppresso dai grandi proprietari terrieri si ribella armi alla mano guidando all'assalto i suoi fratelli; per poi rimanere disgustato dagli stessi rivoluzionari che diventano oppressori e dittatori a loro volta una volta placati gli animi, seduti al tavolo del potere a spartirsi le spoglie del loro paese devastato come tanti piccoli sciacalli affamati.

Tornando ancora più indietro nel tempo possiamo parlare allora della conquista americana da parte del vecchio continente, con lo sterminio di centinaia di tribù nord e sud americane raccontate in tanti meravigliosi film da "Balla coi lupi" a "L'ultimo dei Mohicani", il primo ottimo film di frontiera diretto e interpretato da Kevin Costner e il secondo fantastico quadro d'autore a mano di Michael Mann sulle spietate lotte per le colonie tra le truppe francesi e inglesi del diciassettesimo secolo; dove gli indiani sono ridotti a vittime sacrificali oppure rudi e spietati mercenari al soldo a volte di una parte e a volte di quell'altra.

Da citare in quel contesto ovviamente anche l'ottimo "The New World - Il nuovo mondo" di Terrence Malick, rivisitazione dell'amore a sfondo coloniale espasionistico della classica coppia Pocahontas e il Capitano interpretato da Colin Farrell; diretta con l'usuale vena poetica e ricerca curatissima nell'immagine del famoso e stimatissimo regista statunitense, capace come pochi di catturare in un'inquadratura tutta l'essenza di un personaggio così come di una nazione intera.

Ma ovviamente sull'argomento abbiamo anche film più leggeri e divertenti, come ad esempio "Un'ottima annata" del sempreverde Ridley Scott, dove un broker della city si trova in eredità dal vecchio zio un vigneto nella Provenza; riscoprendo grazie all'amore per la terra anche l'amore per la vita e la pace e tranquillità della campagna, oltre che poi ovviamente l'amore vero e proprio per la bellezza francese di Marion Cotillard.

Oppure, andando letteralmente più in profondità, concludiamo questa breve prefazione citando il simpaticissimo "Ercole al centro della Terra", film degli anni '60 diretto dal nostro genio compaesano Mario Bava, capace come al solito con pochi mezzi ma tanta fantasia e amore per la sua arte di competere tranquillamente coi grandi peplum internazionali, in un divertente film epico/eroico che prende in giro lo stesso mito erculeo senza rinunciare alle su solite chicche horror ad esempio nelle legioni zombie del malvagio tiranno interpretato da un favoloso Christopher Lee.

Ma andiamo al solito strisciando "rasoterra" e consigliandovi i 4 film di oggi scelti come chicche per l'ultimo elemento di questo nostro quadrittico cinematografico sugli elementi.


DRIVER L'IMPRENDIBILE (1978 - Walter Hill)
Cosa c'è di più collegato alla terra di un'automobile?

Partiamo cosi citando questo grande classico del immarcescibile maestro action Walter Hill, dove il protagonista Ryan O'Neal è un autista assoldato dai criminali per riuscire a sfuggire alla polizia dopo furti e rapine assortite.

Poche parole (letteralmente anche nei dialoghi) e tanta carne al fuoco per un film che vive dello stile del regista, virtuoso senza virtuosismi, capace di scatenare l'azione con una semplice inquadratura fissa e sempre al servizio dello spettatore nel voler raccontare storie semplici ma piene di tanti piccoli elementi complessi.

Al solito perfette le atmosfere poliziesche noir di ambienti e personaggi, un mondo senza scrupoli fatto di violenza, imbrogli e moralità ambigua dove una volta tanto non vince il più forte o il più cattivo, ma il più abile e veloce.

Spettacolari ancora oggi, a distanza di quasi quarant'anni, gli inseguimenti in auto che la fanno da padrone ma non sono l'essenza della storia; anzi sono quasi pause tra le vicende in cui si scontrano il fiero pilota inafferrabile e il poliziotto senza scrupoli che vuole arrestarlo a tutti i costi, anche perdere il suo stesso lavoro giocandosi tutta la reputazione e usando metodi non certo legali e convenzionali.

Nel mezzo ai due finisce incastrata la bellezza francese di Isabelle Adjani, testimone scomoda che ricatta il driver per il suo silenzio; rendendosi conto troppo tardi di essersi infilata in un gioco più grande di lei e dovendosi affidare alle capacità di guida di quest'ultimo per riuscire a salvare il collo nel concitatissimo e al cardiopalma "duello a quattro ruote" che vediamo nel finale.

Un film che all'epoca fu stroncato da pubblico e critica, come molti altri cult rivalutato poi nei decenni a seguire e idolatrato da numerosi registi come ad esempio Nicolas Winding Refn, autore nel 2011 del remake "Drive" interpretato da un monofaccia e silenzioso Ryan Gosling e diretto nel solito stile crudo, vivo e pulsante che è il marchio di fabbrica del regista.

Oppure ancora più recentemente il genietto britannico Edgar Wright, autore della celebre e amatissima "Trilogia del cornetto"; ne ha proposto una ulteriore rivisitazione con "Baby Driver – Il genio della fuga", con un giovanissimo pupetto nel ruolo del pilota che, auricolare all'orecchio e musica onnipresente, ricalca le vicende del vecchio O'Neal districandosi tra rapinatori e delinquenti della Los Angeles di oggi, in cerca dell'amore con la bella cameriera di cui si è invaghito e con cui pare il destino non voglia lasciargli avere un lieto fine.

Un altro grande classico di Walter Hill, un regista di cui non ci stancheremo mai di parlare e guardare i suoi film, uno dei maestri da cui c'è sempre qualcosa da imparare anche rivedendo per la cinquantesima volta un film che si conosce a memoria.


CONVOY - TRINCEA D'ASFALTO (1978 - Sam Peckinpah)
Dalle quattro ruote fumanti e sgommanti del driver passiamo agli enormi autoarticolati di questo "Convoy", diretto da un altro pezzo da novanta del cinema come Sam Peckinpah, padre spirituale del genere che ebbe notevole influenza sullo stile e i temi socio/politici dei film del Walter Hill di cui sopra.

Protagonista assoluto è uno dei grandi duri del cinema che fu, Kris Kristofferson, probabilmente conosciuto dai più giovani come il vecchio amico e mentore di "Blade", il celebre vampiro ammazzavampiri della fortunata saga cinematografica; protagonista di vecchio corso già con Peckinpah in "Pat Garrett e Billy Kid" e altri grandiosi registi come Martin Scorsese ("Alice non abita più qui") o Tim Burton nel suo remake de "Il pianeta delle scimmie".

Kristofferson qui nel ruolo di "Anatra di gomma", capitano di un convoglio di camion che viene alle mani con uno sceriffo locale e ingaggia una guerra personale contro la corruzione della polizia lungo le autostrade deserte e dimenticate dell'Arizona.

Ma la situazione si ribalta quando ai tre camionisti si uniscono altri colleghi formando una rivolta che ha risonanza a livello nazionale, riunendosi in una sterminata coda di camion che scorta il trio in fuga verso il Messico.

Un ottimo film di lotta proletaria contro l'arroganza e la stupida cecità dello stato sociale, diretto con leggerezza e maestria da Peckinpah, alternando dramma e simpatia nelle vicende personali dei camionisti e non tralsciando neppure di approfondire il personaggio del violento e ignorante sceriffo ed i suoi aiutanti, ben più che semplici cattivi macchiette ma anzi anima e mano armata dello scudo repressivo dietro cui si nasconde l'anima più oscura dell'America di oggi e di ieri.

Magistrale la regia nel montaggio delle ottime scene d'azione così come nella fotografia "sterminata" dei grandi paesaggi americani, intervallati da piccoli paesini e stazioni di servizio come tante piccole oasi nel deserto, testimonianza di un paese che ancora non è riuscito ad uscire dalla sua fondamentale natura grezza e sporca del periodo western di banditi e pistoleri.

Epico e indimenticabile "on the road" che porta avanti la poetica degli storici "Punto zero" e "Easy rider", con i protagonisti alla ricerca della vera libertà nella terra della libertà e per questo osteggiati e odiati dai reazionari e oppressivi esponenti della società al comando nel grande paese a stelle e striscie.


IL PETROLIERE (2008 - Paul Thomas Anderson)
Tornando alla conquista della terra vera e propria, non possiamo evitare di citare questo grande film di Paul Thomas Anderson, incentrato sulle lotte intestine negli Stati Uniti per i territori e le risorse naturali alla fine del diciottesimo secolo.

Protagonista assoluto Daniel Day-Lewis, ex minatore in cerca di "oro nero", disposto a tutto pur di mettere le mani su un ricco giacimento nei boschi desolati della California.

Un film dove il perseguimento del successo e trionfo personale cala sopra tutto e tutti, amici e amanti e figli e fratelli, guru religiosi e avidi uomini d'affari, ognuno in cerca della sua fetta di gloria e ricchezza e capaci di passare senza pietà sulla testa e le viscere degli altri per raggiungere il suo obiettivo.

Non a caso il titolo originale recita "There Will Be Blood", ovvero "scorrerà del sangue", come infatti si trova a constatare il protagonista nel corso della sua lunga vita ritrovandosi a lottare con le unghie e ricorrere ad ogni genere di sotterfugio e compromesso pur di tenersi la sua terra e spremere ogni goccia di prezioso petrolio dalle sue viscere.

Un personaggio disprezzato e detestato da tutti, attorno al quale però fiorisce l'economia e la guerra di soldi per lo spietato desiderio di possedere, un paese che si avvolge attorno ai giacimenti e "pulisce" con l'esaltazione religiosa la sua fame di ricchezza che richiede sempre e comunque un pesante tributo di sangue.

Perfetto il lavoro del regista, il quale si fa da parte e ci mostra con crudo realismo e spiazzante schiettezza l'anima vera e il cuore pulsante della nascente economia americana; scolpendo nella roccia il personaggio di un arrivista senza la minima ombra di coscienza che fa del dollaro e il potere la sua ragione di vita, rovinando tutto ciò che lo circonda e rovinando la sua stessa vita e famiglia nell'ossessione di essere il dominatore incontrastato del suo piccolo feudo americano.

Forse il migliore in assoluto dei film di Paul Thomas Anderson, capace come al solito di arrivare all'essenza di un personaggio o di una storia fin dalle prime battute e immergere da subito lo spettatore nel mood delle epopee che si impone di raccontare, senza dubbio uno dei migliori esponenti del nuovo cinema americano.


C'ERA UNA VOLTA IL WEST (1968 - Sergio Leone)
E se dobbiamo parlare di proprietari terrieri e conquista con la violenza, come non citare l'immortale capolavoro del nostro amatissimo Sergio Leone.

In questo caso abbiamo una sfortunata ereditiera, la giovane e bellissima Claudia Cardinale, che si ritrova padrona di un pezzo di terra apparentemente senza valore dopo il massacro della famiglia del suo nuovo marito.

Ma la landa di terra desolata è in realtà sulla strada dove a breve arriverà la nuova ferrovia, cosicchè un avido e invalido speculatore ingaggia uno spietato pistolero (il glaciale Henry Fonda) per entrarne in possesso e costruire una intera città attorno alla nuova stazione ferroviaria.

Sulla sua strada il mercenario troverà però altri due pistoleri, il ricercato e selvaggio Cheyenne (Jason Robards) e il misterioso ma letale Armonica (Charles Bronson), uomo di cui nessuno conosce motivazioni o identità ma tutti si limitano a chiamare come lo strumento a fiato che suona in continuazione, in quello che poi è il meraviglioso motivo musicale di fondo composto dall'altrettanto immortale compositore e compagno fedele dei film di Sergio Leone, il grande Ennio Morricone le cui musiche sono ormai nei nostri cuori e associano immediatamente i nostri ricordi agli spazi sconfinati e i rudi pistoleri del mondo western pensato e ideato da Leone.

Una sceneggiatura scritta a sei mani assieme ai colleghi Dario Argento e Bernardo Bertolucci, dove Leone scolpisce nella storia del cinema un altro suo capolavoro ambientato nel crepuscolo del western; un mondo dove i pistoleri sono ormai alla fine e il capitalismo industriale è alle porte, pronto a divorare tutto e tutti con la sua vorace fame nella caccia ai dollari facili.

Una storia che va oltre i semplici personaggi ma racchiude la Storia più grande dell'America stessa, non ha caso prodotta e realizzata a cavallo dei rivoltosi anni '60 e '70 delle manifestazioni e proteste studentesche e operaie che portarono a profondi cambiamenti sociali ed economici.

Magnifiche tutte le sequenze dipinte ad arte in ogni fotogramma che si potrebbero prendere uno per uno ed appendere sul camino come un quadro, evocativi come una poesia i movimenti di macchina come l'indimenticabile arrivo alla stazione della Cardinale con la telecamera che si sposta in alto ad abbracciare con lo sguardo tutta la città, ripresa letteralmente identica ad esempio nel celebre western fantascientifico "Ritorno al futuro 3" dal regista Robert Zemeckis all'arrivo del suo protagonista dal futuro nel vecchio West.

Un film su cui sono stati scritti tanti di quei libri e tante di quelle recensioni da poterne leggere per cento anni di fila e che ancora oggi ci riempe di dolore per la scomparsa cosi prematura di un regista geniale che era riuscito con una manciata di film a entrare nei cuori dei cinefili di tutto il mondo.

Imperdibile, indimenticabile e imperdonabile chi ancora (se esiste) ha commesso il peccato mortale di non averlo mai guardato.

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Articolo pubblicato il 25/03/2018