Il mondo in una stanza - Parte 1

Riprendiamo questo Giugno in film parlando di storie raccontate e ambientate in unica location, ambiente o generalmente uno spazio molto ristretto dove sono costretti (molto spesso) a interagire tra loro, a volte oppressi da una situazione esterna e altre invece tormentati da dubbi e dissidi che li lacerano dall'interno.

Una premessa che potrebbe sembrare limitante per un cineasta, ma che invece nel corso dei decenni ha portato a perle assolute e inarrivabili vette di innovazione tecnica e narrativa.

I tre film di cui andiamo a parlare oggi sono tre esempi lampanti, grandiosi frammenti di cinema ancora oggi rimasti insuperati, ma di certo citati e presi ad esempio da innumerevoli altri registi che a modo loro, chi più e chi meno, hanno preso in mano il testimone portando avanti questo tipo di film e rinnovandolo e reinventandolo in altri generi o soluzioni visive e di sceneggiatura.

Ma bando ad ulteriori inutili preamboli e andiamo a parlarvi di questi 3 film immortali girati a "soluzione chiusa" in una stanza o in un edificio, costringendo lo spettatore come i protagonisti a una convivenza forzata (ma non sgradita) fino ai titoli di coda.


NODO ALLA GOLA (1948 - Alfred Hitchcock)
Primo film a colori del grande genio inglese, interamente ambientato in un appartamento di New York e che il maestro del thriller da buon pioniere della settima arte decide di girare in unico, lungo piano sequenza.

Impresa purtroppo impossibile all'epoca, visto il limite di 10 minuti dei rulli per le riprese, ma alla quale il buon Hitchcock ovvierà smontando il film in 10 tranche abilmente uniti dissimulando i vari stacchi con dei passaggi della telecamera dietro a vari oggetti o alle spalle dei personaggi.

Ma l'originalità non sta soltanto a livello tecnico, in quanto anche la sceneggiatura e mirabilmente scritta tratteggiando come al solito in maniera certosina i profili psicologici dei vari protagonisti in scena, specie la coppia di gay Brandon e Phillip (John Dall e Farley Granger) che danno il via al tutto uccidendo un loro ospite poco prima di una cena tra amici e colleghi.

Infilato il cadavere dentro un baule, i due ricevono i loro ospiti nascondendo il loro delitto e anzi con Brandon che si esalta e diverte dalla sfida di mentire e scherzare macabramente sulla vicenda, mentre Phillip sempre più annebbiato dal vino e dai complessi di colpa finisce per instillare il dubbio nell'animo del loro vecchio professore (James Stewart, qui al suo primo film con Hitchcock).

Professore che inizialmente divertito anch'esso, scivola lentamente nell'orrore della comprensione di cosa sia realmente avvenuto, decifrando mano a mano piccoli indizi e discrepanze tra le risposte dei due e le domande e i dubbi sollevati dagli invitati.

Brillanti i dialoghi e le lugubri situazioni dentro cui si trovano i protagonisti, con lo spettatore ospite di riguardo invisibile grazie alla sinuosa eleganza dei movimenti della macchina da presa, capace di raccontare per immagini quello che non si ha il coraggio di raccontare a parole, soffermandosi su un dettaglio piuttosto che sul viso di un personaggio e la sua espressione mentre un altro sta parlando, contrapponendo quella tensione che si crea con l'emozione nello sguardo completamente opposta al senso del dialogo in atto.

Un thriller psicologico che è un gioiello della suspance mescolata al solito beffardo humour nero del regista, magistralmente diretto e all'avanguardia tecnicamente ancora oggi, specie nell'era dello stacco/stacco/stacco del pessimo montaggio pseudo pubblicitario dietro la quale si nascondono molti registi moderni.


LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI (1968 - George A. Romero)
Durante un'apocalisse nella quale i morti tornano in vita per cacciare e mangiare vivi i sopravvissuti, un gruppo di persone di estrazione sociale, razza e cultura differenti si trovano intrappolate in una casa poco distante da un cimitero.

Opera summa di George A. Romero, nonchè film padre di tutti i successivi horror del filone zombie, per la prima volta rappresentati a schermo come dei cannibali non morti dall'andatura claudicante, rispetto le versioni a sfondo magico/stregonesco dei film precedenti, dove questi resuscitavano grazie a complesse evocazioni, stregonorie e riti voodoo assortiti.

Morti viventi che qui non sono altro che la palese rappresentazione stessa dello stadio ultimo del capitalismo, nella loro feroce brama di carne umana e la mancanza del pensiero del consumatore finale; nonchè poi nel film stesso si amalgamano alla perfezione con le ulteriori critiche al razzismo e l'esaltazione per le armi da fuoco tutta americana.

Un film che ha tutto, una memorabile fotografia in bianco e nero che nulla toglie ma anzi esalta la violenta rappresentazione dei momenti più crudi dei ripetuti assalti portati dai morti alla casa dove sono rintanati i protagonisti, divisi tra loro per stupidità, egoismo ed ignoranza personale.

Personaggi come la donna che vediamo all'inizio che scivola lentamente in un chiuso stato catatonico di assenza totale, il nero che lotta disperatamente fino all'ultimo momento per la sua vita per poi essere falciato da un gruppo di rozzi redneck locali, oppure il fantastico personaggio del padre di famiglia che paradossalmente consiglia sempre la soluzione più giusta ma viene ignorato dal resto per la sua assoluta antipatia.

Un film all'epoca stroncato in parte dalla stupidità della critica che si soffermava morbosamente solo sugli aspetti horror senza coglierne minamente il messaggio di fondo, nonchè ormai macinato oggigiorno da centinaia e centinaia di film, serie tv e videogiochi a tema zombie dei quali pochissimi però riescono a cogliere l'epica e la morale dell'originale romeriano.


DISTRETTO 13 - LE BRIGATE DELLA MORTE (1976 - John Carpenter)
Dal film d'esordio di Romero passiamo all'esordio di Carpenter, tolto il primissimo "Dark star" che fu realizzato come esperimento assieme all'amico/collega Dan O'Bannon, futuro sceneggiatore del mitico "Alien" diretto da un allora anch'esso quasi esordiente Ridley Scott.

Un film tutto ambientato in un distretto di polizia in procinto di essere chiuso, al cui interno sono presenti solo pochi impiegati e un poliziotto di colore chiamati a sbrigare le ultime formalità prima di levare le tende per sempre.

Assieme a loro arriva l'intempestiva visita di un gruppo di detenuti in transito, tra i quali il pericoloso "Napoleone" Wilson (Darwin Joston), condannato a morte e criminale dalla spietata intelligenza che segue comunque un suo personale e rigoroso codice morale.

L'allegra combriccola dovrà lottare duro per arrivare alla fine della nottata, specie quando un uomo cui una gang ha appena ucciso la figlioletta, si vendica uccidendone il capo e cercando riparo nel distretto una volta inseguito dai suoi compari che vogliono linciarlo.

L'innumerevole orda di criminali inizia allora a prendere d'assedio l'edificio per mettere le mani sull'uomo, uccidendo ogni malcapitato che passa dalla zona e chiunque cerchi di uscire in cerca di aiuto.

Una storia raccontata con una regia posatissima, capace di incutere soggezione con pochissimi movimenti di macchina e una delle tante strepitose colonne sonore anch'essa composta dallo stesso regista, musiche cupe e rindonanti senza nessun svolazzo melodico ma cionostante capace di entrare fin da subito nell'anima e l'immaginazione dello spettatore.

Indimenticabile altrimenti il personaggio di "Napoleone", anti-eroe per eccellenza che verrà poi tramutato e trasfigurato nei successivi film diventando "Snake" Plissken prima cosi come "Desolation" Williams nel remake fantascientifico di questo film, uscito nel 2001 col titolo "Fantasmi da Marte" e stroncato senza pietà (e senza motivo) dal pubblico come dalla critica.

Un film che invece ribadiva il talento visivo/narrativo del sempreverde regista, oggigiorno ahinoi sempre meno impegnato ma fautore delle basi di molti dei film action/horror che vediamo ancora oggi, come questo "Distretto 13" che consigliamo spassionatamente ai pochi (si spera) che non hanno ancora avuto modo di vederlo.

Un altro cult pluri citato in altre migliaia di altri film che ha portato Carpenter all'attenzione del pubblico mondiale, successo poi eclissato dai successivi "Halloween" e "Fuga da New York" coi quali si scolpirà ad eterna memoria nei cinefili di tutto il globo e di tutte le generazioni.

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Articolo pubblicato il 03/06/2018