Ed eccoci alla quarta e ultima tappa di questo mese di cinema in una stanza, dopo avervi consigliato quelli che speriamo troverete film interessanti e innovativi sia nella loro concezione narrativa che nella loro originalità cinematografica.
Per questo ultimo appuntamento abbiamo da consigliarvi come al solito tre film, un piccolo cult generazionale indimenticato degli anni '80, un horror decisamente atipico in ambientazione carceraria e infine una piccola perla di fantascienza passata semi-inosservata al grande pubblico ma diventato anch'esso un piccolo MUST per il circuito web degli appassionati di cinema.
Tre film come detto diversi tra loro, un teeneger movie, un horror e un film di fantascienza; che sottolineano ancora l'estrema versatilità e l'ampia libertà di scelta che lascia un film costruito volutamente (o no) in ristrettezze di scenografie e numero di attori.
Una ulteriore dimostrazione che forse la limitatezza di mezzi e di budget porta inevitabilmente e anche forzatamente i veri autori a spremersi le meningi su come manovrare la telecamera per sfruttare al meglio il mezzo cinematografico.
Insomma, "meno hai e più fai", inventando alle volte nuovi generi e tipi di cinema e altre volte invece dando nuova linfa a dei filoni già consumati da troppi film fotocopiati uno all'altro senza vero amore o ispirazione nel cercare di fare qualcosa di nuovo pur riproponendo trame, personaggi e situazioni già viste mille volte.
Film capaci di riproporre clichè già spolpati fino all'osso mettendo però nuova carne al fuoco dai nuovi sapori mai esplorati prima, come questi 3 piccoli gioielli di cui andiamo a parlarvi oggi.
BREAKFAST CLUB (1985 - John Hughes)
Sicuramente il film più famoso di cui andremo a parlarvi oggi, che fece la gioia dei teenager negli anni 80 e 90 ma forse oggi è un pò troppo ignorato dal nuovo pubblico giovane del terzo millennio, a cui è più facile proporre super-eroi in costume e serie tv a profusione piuttosto che qualcosa dove i dialoghi durino più di un minuto e a volte i personaggi sono più importanti della storia stessa che viene raccontata.
In questo caso abbiamo cinque ragazzi di culture ed estrazione sociale differenti che sono costretti a passare un intero sabato pomeriggio assieme, tutti in punizione chiusi nella biblioteca della loro scuola.
Ragazzi diversi che all'inizio ci appaiono come semplici macchiette sugli standard di tutti i teenager movie, ma via che le ore passano e la storia procede sapranno stupirci maturando forse anche più degli adulti stessi che li vogliono reclusi in punizione.
All'inizio abbiamo quindi il bulletto strafottente a tutto e tutti (Judd Nelson), il giocatore di football ammirato e riverito dai compagni (Emilio Estevez), la ragazza occhialuta e un pò secchiona (Molly Ringwald) e la ragazza un pò stramba ed emarginata (Ally Sheedy) e il piccolo nerd (Anthony Michael Hall) vessato a scuola e a casa da dei genitori troppo esigenti e intransigenti.
Inizialmente alleati contro il preside che li sorveglia (Paul Gleason), i ragazzi cominciano poi a litigare tra loro finendo poi, una volta esausti (e più rilassati dopo aver fumato erba) con il fare uscire fuori tutti i loro problemi e incertezze di ragazzi che scoprono avere in comune più cose di quante credessero possibile.
Molto efficaci i dialoghi, divertenti e tristi, malinconici ma anche pieni di speranza e ottimismo e soprattutto ottimo il finale dal sapore dolce amaro, in quanto incerto se il gruppo sia effettivamente diventato unito oppure se una volta conclusa la giornata ognuno tornerà sulla sua strada dimenticando gli altri come se quel lungo pomeriggio assieme non ci sia mai stato.
Un film da non perdere e forse da ricordare più spesso in questo momento di "voglia di revival" con tante operazioni nostalgia sui film e le serie tv degli anni 80 e 90, spesso poco altro che buchi nell'acqua dall'anima puramente commerciale e spillasoldi che uccidono in partenza le stesse storie che pretenderebbero di raccontare.
MALÉFIQUE (2002 - Eric Valette)
Viriamo decisamente sull'horror soprannaturale con questo splendido film del 2002, interamente girato tra le quattro mura di una cella e soltanto quattro detenuti come protagonisti.
Protagonista il goffo e intimidito Carrere (Gérald Laroche), imprenditore truffaldino rinchiuso assieme al trans gonfio di muscoli Marcus (Clovis Cornillac), il cannibale ritardato Pâquerette (Dimitri Rataud) e il vecchio uxoricida Lassalle (Philippe Laudenbach).
Un giorno, il gruppo trova nascosto nel muro un vecchio diario pieno di quelle che sembrano formule magiche e che scopriranno poi essere appartenuto a un vecchio carcerato degli anni 20, il quale pare sia stato l'unico riuscito ad evadere in tutta la storia della prigione.
Nella speranza di riuscire a scoprire la diabolica formula e scappare tutti assieme, il gruppo si mette al lavoro per decifrare l'oscuro linguaggio esoterico del vecchio diario, ignaro di risvegliare probabilmente forze e poteri occulti che andranno ben al di là del loro controllo.
Un ottima storia perfettamente bilanciata nei tempi, i ritmi e le varie situazioni in cui sono coinvolti i personaggi, eterogeneo branco di malfattori sempre più risucchiati nel malefico universo del satanista proprietario del diario e i suoi potentissimi e spietati incantesimi capaci delle piu' crudeli e sorprendenti meraviglie.
Inevitabile il paragone con "La casa" di Raimi, specie nell'idea iniziale del diario maledetto stile il "Necronomicon" che farà le fortune/sfortune del famosissimo Ash interpretato da Bruce Campbell, ormai iconica figura del mondo horror dall'umorismo tagliente e la classica motosega al posto della mano perduta.
Un film che ha come maggiore qualità quello di essere imprevedibile fino alla fine, di catturarci e trasportarci in un universo dalle infinite possibilità nonostante sia ambientato tutto in una stanza.
Una storia insomma, dove a farla da padrone come dovrebbe essere è la fantasia e il mestiere dell'ottimo regista (Eric Valette) capace di inquadradare e montare in modo estremamente suggestivo l'intreccio di una storia che resta uno dei top horror dei primi anni 2000.
MOON (2009 - Duncan Jones)
E finalmente atterriamo sul genere fantascientifico, in una stazione mineraria sulla Luna interamente diretta da un unico astronauta interpretato da Sam Rockwell.
In fervida attesa della conclusione del suo lungo periodo di lavoro completamente isolato da tutto e tutti, l'uomo comincia però a sentirsi sempre più male fino ad avere un incidente durante un'operazione con un veicolo nello spazio.
Grazie a questo imprevisto l'uomo comincia a sospettare di essere tenuto forzatamente isolato dalla compagnia, oltre alla sorprendente scoperta di un suo clone assolutamente identico in una delle sue missioni all'esterno del suo habitat.
Una storia che si dipana lentamente e di cui forse vi ho già rivelato anche troppo, ma che riesce con tanta intelligenza e umanità a raccontare quello che molti altri film gonfi di soldi ed effetti speciali non riescono a fare.
La scienza e il progresso e i loro abusi contro gli esseri viventi, l'avidità corrosiva e spietata delle multinazionali, l'inevitabile spinta alla ricerca della verità e la libertà da parte degli esseri umani, siano essi anche solo cloni costruiti come materiale usa e getta per risparmiare soldi nei bilanci della società.
Un film diretto dall'ottimo esordiente Duncan Jones, figlio del celeberrimo cantante David Bowie, capace di mischiare con tanta originale immaginazione storie e atmosfere dei vari "Blade Runner", "2001 - Odissea nello spazio" e "Solaris".
Un regista che poi continuerà la sua carriera con gli ottimi "Source code", seguito ideale trasposto in film della famosa serie tv "Quantum Leap"; oltre che poi l'intrigante fantasy "Warcraft - L'inizio" e anche il molto, ma molto bello "Mute", finora confinato come esclusiva nel catalogo Netflix.
Un'altra grande piccola storia tutta ambientata in una stanza e con quasi solo un attore in scena per tutto il film, assolutamente da non perdere in quanto tra i migliori esponenti del genere sci-fi degli ultimi 10 anni.
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Articolo pubblicato il 24/06/2018